Coronavirus, i numeri in chiaro. Sebastiani: «Siamo nel pieno della terza ondata. Ma il picco di positivi è alle spalle»
Quello di oggi sui decessi è un numero difficile da ignorare: 616 vittime legate al Coronavirus segnalate in sole 24 ore. Il bollettino del ministero della Salute ha fornito un quadro negativo anche dal punto di vista dei nuovi ingressi nei reparti delle terapie intensive, che oggi sfiorano i 200 (+196 per la precisione). Secondo il professor Giovanni Sebastiani, ricercatore al Cnr, i numeri però non devono stupirci: sono la conseguenza del picco della percentuale di positivi sui tamponi registrato attorno al 4 gennaio scorso. Decessi e ricoveri gravi, quindi, aumenteranno almeno per i prossimi 5/6 giorni.
Professor Sebastiani, si può parlare ufficialmente di terza ondata?
«Se vogliamo ragionare in questi termini, direi proprio che siamo nel pieno della terza ondata. Il picco della percentuale dei positivi sui casi testati c’è stato il 4 gennaio circa e potrà essere localizzato meglio con i dati di questa settimana. La curva dei positivi era ricominciata a salire attorno al 18 dicembre dopo la discesa dal picco della seconda ondata, raggiunto il 17 novembre circa. Poi, grazie alle restrizioni natalizie, siamo riusciti a contenere il trend. Certo, ora c’è un’altra incognita che si fa avanti: bisognerà vedere cosa accadrà con l’allentamento delle misure. A partire dal 7 gennaio abbiamo tolto la zona rossa diffusa e gli effetti di queste scelte saranno chiari a partire dal 20».
Cosa ci dice il dato sui decessi, che vediamo essere di nuovo altissimo?
«In questo caso il picco non è ancora stato raggiunto. La crescita dei decessi è ripartita intorno alla fine di dicembre, come conseguenza dell’aumento dei contagi. Il picco dovremmo averlo attorno al 18 gennaio. Direi che il trend e le cifre di questi giorni sono coerenti con la previsione di sei giorni fa».
Diamo un’occhiata alle terapie intensive: oggi siamo a quasi 200 nuovi ingressi.
«Stesso discorso dei decessi. Sono ancora in aumento perché c’è il solito ritardo di 10-14 giorni sui positivi. Mi aspetto che crescano ancora, almeno fino alla terza settimana di gennaio».
Qualcosa di positivo?
«Sicuramente il fatto che il picco della percentuale di positivi sui casi testati è alle spalle. Stessa cosa per quella sui tamponi. Come possiamo vedere dai numeri, le curve della quasi totalità delle regioni sono in stallo o in decrescita. Il Veneto è un caso emblematico: da inizio ottobre è stata una regione problematica e lo è ancora per trend e percentuali di terapie intensive e ricoveri. Ma ora la circolazione del virus non è più in crescita».
Ce n’è qualcuna, invece, da tenere d’occhio?
«Direi la Sardegna, che ha ancora trend di crescita e oggi ha un picco di positivi molto alto. E anche la Sicilia, anche se sembra vicina al picco».
Una riapertura a breve delle scuole superiori potrebbe contribuire a peggiorare il quadro?
«Sì. Come ho sempre detto, io aspetterei ancora un po’ prima di riaprire. Suggerirei di farlo direttamente a inizio marzo, quando avremo superato i difficili mesi di gennaio e febbraio dove ci sono le condizioni più favorevoli per la circolazione del virus, e punterei su una scuola in presenza piena nei mesi di maggio, giugno e luglio, quando mi aspetto un’incidenza più bassa. Ma parliamoci chiaro: se si vuole, anche la didattica a distanza può funzionare.
Esorto gli insegnanti a spingersi al massimo oltre l’impegno attuale, già enorme, usando la loro fantasia, ma soprattutto quella degli studenti, per trovare soluzioni efficaci ai problemi coinvolti nella didattica a distanza. In questo modo, gli studenti si sentirebbero coinvolti e sarebbero più responsabili, interessati e presenti poiché svolgerebbero un ruolo attivo nelle lezioni sperimentando nuove modalità di insegnamento».
Qual è la situazione in altri Stati europei?
«La situazione peggiore è nel Regno Unito, dove ci sono valori di incidenza dei positivi e dei decessi molto alti. Dal trend nell’ultima settimana sembra però che il picco della terza ondata per la circolazione del virus sia stato raggiunto. In Germania il picco è stato raggiunto attorno al 20 dicembre, ma da inizio gennaio la curva è in stallo, come nelle ultime tre settimane di novembre, con valori medi confrontabili nei due periodi».
Immagine di copertina: Elaborazione grafica di Vincenzo Monaco
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