#IoApro1501, aumentano i ristoratori che vogliono infrangere il Dpcm: «Il Governo non ci fermerà»
Su Telegram contano quasi 11 mila adesioni. Sono i ristoratori che si stanno dando appuntamento per venerdì 15 gennaio con un solo scopo: tenere aperte le proprie attività a pranzo e cena, nonostante il Dpcm in vigore per arginare il contagio da Coronavirus. Nella chat rimbalzano decine di messaggi al minuto, un tam tam infinito. «Ci possono fare le multe, ma se tutti non le paghiamo si attaccano. Tramite avvocati facciamo ricorso. La Costituzione parla chiaro, non è un decreto che ci ferma», scrive un utente. Io apro è il nome del grande gruppo pubblico della piattaforma di messaggistica – presente anche su Facebook, ma con sole 481 adesioni – nel quale, nelle ultime ore, stanno confluendo persone da tutta Italia.
Tutti sono contro il Governo che «come un imbecille non si accorge di quanto la tecnica del lockdown stia distruggendo il Paese», scrivono. L’organizzazione sta avvenendo anche tramite gruppi più ristretti, quelli cittadini, ma pure i provinciali e regionali. Tra chi manifesta la propria solidarietà, anche outsider del settore: «non sono un ristoratore ma sono stanco di questa situazione che opprime i lavoratori autonomi».
La protesta
Secondo gli organizzatori le stime social sono al ribasso. In realtà le adesioni stimate sarebbero 50 mila, per una mobilitazione di “disobbedienza gentile”. Centinaia i locali pronti a riaprire. Si tratta di «una questione di sopravvivenza, siamo già al punto di non ritorno ma ci proviamo lo stesso», aveva detto Umberto Carriera, ristoratore di Pesaro e promotore dell’iniziativa.
«Non è mai stata presentata un’indagine epidemiologica che accerti i contagi nei locali, a differenza di quanto può accadere sui mezzi pubblici o nei supermercati – sostiene Carriera, che durante la prima ondata di Covid-19 era stato multato per aver aperto i suoi locali, infrangendo la legge. Vogliamo poter lavorare, ma saremo i primi a puntare il dito contro chi non rispetta le norme di sicurezza». Alla riapertura – illegale – potrebbero partecipare anche «bar, teatri, cinema e palestre», dice.
La risposta di Fipe Confcommercio
«Come Fipe, la più importante associazione di categoria per numeri e qualità dei soci – ha dichiarato a MilanoToday, il presidente Lino Stoppani – abbiamo uno stile e una storia di rispetto delle istituzioni e della legalità. Va detto anche che questa iniziativa è un chiaro segno delle difficoltà del nostro settore e di un disagio sociale grave. Dopo 160 giorni di lockdown sono molte le attività che hanno subito pesanti danni, materiali e non solo. Si tratta di soggetti che vedono bloccato il proprio lavoro e così spento il presente, ma anche il futuro, del proprio esercizio».
«Noi però, come abbiamo sempre fatto, rispettiamo le norme», ha continuato Stoppani. «Questa protesta – spiega – può avere gravi conseguenze. Oltre alla sanzione pecuniaria e alla possibile sospensione dell’attività, per chi vi aderisce si può configurare anche un reato penale. Noi di certo non esporremo i nostri esercenti a prendere una posizione per la quale potrebbe venirgli contestato un reato contro la salute pubblica».
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