Caso Regeni, Al Sisi degrada il generale coinvolto nella morte del ricercatore: si occuperà di carte di identità
Sono passati cinque anni dall’omicidio dello studente italiano, ucciso tra gennaio e febbraio del 2016 al Cairo. Oggi, in quello stesso periodo in cui i servizi segreti l’hanno torturato per ore, Giulio Regeni avrebbe compiuto 33 anni. «Chissà quanti ponti avresti costruito ancora, quanta bellezza donato ancora a questo mondo. Ti facciamo gli auguri così, gridando al mondo la nostra promessa. Non ci fermeremo fino alla verità e alla giustizia», scrive su Twitter «Verità per Giulio», la pagina dedicata al ricercatore friulano.
Una verità che un mese fa, a dicembre, la procura di Roma ha svelato per la prima volta rendendo pubblici i dettagli delle torture subite da Regeni in quelle settimane in cui il dottorando si trovava al Cairo per fare ricerca sui sindacati ambulanti. L’11 dicembre i pm romani ha individuato formalmente quattro responsabili per la morte dello studente chiedendo il processo per Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif e Tariq Saber. E ieri, proprio il generale Saber è stato degradato dal presidente al-Sisi.
Lui, che insieme agli altri tre è accusato a vario titolo di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate, era incaricato di monitorare i lavori e le attività delle ong, sindacati e organizzazioni politiche – spiega la Repubblica – e ora si occuperà di carte di identità.
Intanto, nonostante i rapporti con l’Egitto rimangano tesi, almeno sul piano politico – formale, con la procura del Cairo che ha accusato quella romana di aver strumentalizzato il caso per ledere il legame tra i due Paesi, e una Farnesina che si è detta indignata, l’Italia continua a fare affari con al-Sisi. Ultimi a denunciare l’accordo per la vendita di armi e navi al Cairo sono stati proprio i genitori di Regeni che a inizio gennaio hanno presentato un esposto contro il governo italiano.
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