Cosa sappiamo delle due varianti «brasiliane» del Coronavirus e perché non dobbiamo (ancora) preoccuparci
Due varianti «brasiliane» del Coronavirus sono apparse in uno studio riguardante quattro giapponesi di rientro dall’Amazzonia. La meno preoccupante (già presente da tempo in Brasile) presenta solo la mutazione «E484K», in comune con la variante sudafricana. Nella seconda, che ispira più ansia, troviamo anche «N501Y» e «K417T». Le mutazioni presenti in alcune varianti ci preoccupano perché interesserebbero il modo in cui il nuovo Coronavirus entra in contatto con le nostre cellule. Dobbiamo preoccuparci? Ancora no, ma è importante tenere sempre alta la guardia.
Dove eravamo rimasti:
- Variante Covid in Brasile, ospedali al collasso e scene da film horror. Mentre Bolsonaro getta dubbi su cure e vaccini
- Si parla delle mutazioni al RBD (Receptor Binding Domain). Per maggiori approfondimenti suggeriamo la lettura del nostro articolo precedente;
- Le varianti Covid potrebbero spiegarsi con condizioni particolari, come pazienti immunocompromessi e sottoposti a plasma iperimmune o antivirali;
- Anche se queste varianti mostrano una certa capacità di replicarsi meglio, questo non dimostra maggiore pericolosità, specialmente riguardo a vaccini e antivirali di ultima generazione;
- Le varianti emergono da qualche centinaio di singoli casi, a fronte di oltre 300 mila genomi sequenziati fino a oggi;
- Esistono diversi altri fattori che possono determinare un aumento dei casi, come la cattiva gestione della pandemia da parte degli Enti competenti.
L’effetto mediatico delle varianti
Come puntualmente previsto da esperti di genomica comparata – quali Marco Gerdol – che stanno seguendo il fenomeno, le Agenzie di stampa ci informano della «preoccupazione» dovuta alle varianti brasiliane.
«Cresce la preoccupazione, fra gli scienziati britannici e di altri Paesi, per la possibile virulenza e le incognite legate a una nuova, ulteriore mutazione del coronavirus riscontrata di recente in Brasile – riporta l’ANSA – “Le varianti brasiliane” – che hanno indotto fra l’altro il governo di Londra a imporre da oggi la chiusura temporanea precauzionale dei confini del Regno Unito ai viaggi dall’intero Sudamerica e dal Portogallo – sono in realtà “due”, ha spiegato alla Bbc la professoressa Wendy Barclay, capo del G2P-UK National Virology Consortium».
«Anticipo fin da subito quella che probabilmente sarà destinata a diventare una notizia a cui verrà dato grosso risalto nei media, ovvero la scoperta di una nuova “variante brasiliana” – scrive Gerdol in un recente post su Facebook – anch’essa fonte di timori riguardo ad una maggiore trasmissibilità e potenziali fenomeni di evasione immunitaria, analogamente a quanto già detto più volte per la variante inglese e la variante sudafricana».
Intendiamoci, abbassare la guardia sarebbe insensato. Non di meno è bene ricordare che gli attuali vaccini non mostrano di essere meno efficaci a seguito dell’emergere di queste varianti. Al limite sarebbe possibile aggiornarli, idem dicasi per farmaci più sofisticati, come i monoclonali.
Diversi studi in vitro suggeriscono una maggiore virulenza. Non di meno, l’Organismo umano e le dinamiche del Sistema immunitario, sono difficili da replicare fedelmente nelle piastrine da laboratorio. Inoltre, vediamo una certa tendenza a usare le varianti-Covid come capro espiatorio di politiche insufficienti per far fronte all’emergenza sanitaria. Proponiamo a titolo di esempio la nostra analisi dei grafici pandemici durante e dopo il DPCM di Natale, assieme al fisico Enrico D’Urso.
Cresce la preoccupazione fra gli scienziati britannici?
La seconda variante brasiliana in particolare, non sembra preoccupare gli esperti più della prima trovata in Giappone. La professoressa Wendy Barclay lo afferma chiaramente alla BBC, di concerto con altri esperti che ha consultato l’Emittente britannica.
«La nuova variante brasiliana [più preoccupante] è stata rilevata nei viaggiatori diretti in Giappone, [e] non è stata rilevata nel Regno Unito – afferma Braclay – Altre varianti che potrebbero aver avuto origine dal Brasile sono state trovate in precedenza».
«Le mutazioni vengono rilevate ora perché è passato abbastanza tempo perché cambiamenti casuali prendano piede – continua la BBC – Anche se non ci sono prove che [alcune di] queste mutazioni rendano il virus più mortale, è probabile che un virus che infetta più persone abbia un numero di vittime più alto».
«Al momento non ci sono prove che suggeriscano che [alcune varianti] causino malattie più gravi – aggiunge Michelle Roberts in un altro articolo dell’Emittente britannica – Misure come lavarsi le mani, mantenere le distanze dalle altre persone e indossare una copertura per il viso aiuteranno comunque a prevenire le infezioni e, poiché le nuove varianti si diffondono più facilmente, è importante essere più vigili».
Perché è prematuro «stracciarsi le vesti»
I quattro turisti giapponesi di ritorno dall’Amazzonia presentavano due varianti, originatesi (per quanto ne sappiamo) nella regione attorno a Manaus. Il fatto che mutazioni identiche si manifestano indipendentemente in diverse variabili, riflettono le particolari condizioni in cui emergerebbero – trattamenti con plasma iperimmune in pazienti col Sistema immunitario compromesso in primis.
Notiamo soprattutto che in generale è la maggiore circolazione del virus ad aumentare la probabilità che questo genere di mutazioni emergano. Una conferma in più di quanto infondata fosse la proposta la Great Barrington, di lasciar circolare il virus, in nome di una non meglio dimostrata immunità naturale.
«Non sembra affatto casuale che una variante di questo tipo possa essere emersa proprio a Manaus, una delle città dove il tasso di incidenza delle infezioni da SARS-CoV-2 è stata più elevata al mondo, con una stima del 76% degli abitanti contagiati ad ottobre – continua Gerdol – Questa è l’ennesima dimostrazione che lasciare circolare il virus in modo incontrollato, come avrebbero voluto alcuni illuminati strateghi della GBD, [Great Barringron Declaration] è quanto di peggio si possa fare per favorire la possibile selezione di genotipi particolarmente “rognosi”».
Dunque, anche se è sempre difficile accettarlo, il pericolo maggiore potrebbe venire proprio da noi e dalla cattiva amministrazione dell’emergenza sanitaria in diversi Paesi. Del resto, mutazioni simili erano emerse anche prima – non ci riferiamo solo a quella dominante: «D614G» – senza che fossero associate significative impennate nel numero dei casi.
«La rapida emergenza di un nuovo genotipo con queste caratteristiche, pur rappresentando un campanello d’allarme – conclude il Gerdol – non debba tradursi nello stracciarsi le vesti prevedendo l’imminente fallimento di qualsiasi piano vaccinale. Nel frattempo iniziano a spuntare i primi lavori che iniziano a fornire delle basi per spiegare il motivo per cui [alcune varianti] si stiano diffondendo in maniera così rapida».
Foto di copertina: geralt | Coronavirus in Brasile.
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