Immunità di gregge? Ecco perché per raggiungerla è necessario (anche) sospendere i brevetti sui vaccini
«L’Europa deve mostrare più solidarietà sui vaccini [anti-Coronavirus ndr] in un momento in cui il 95% delle dosi è stato utilizzato in soli 10 Paesi». Questa volta è direttamente l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) nella persona del suo direttore europeo, Hans Kluge, a bacchettare l’Unione europea. Per capire perché, basta dare uno sguardo ai siti che monitorano le vaccinazioni (quasi) in tempo reale visto che, con qualche notevole eccezione, come gli Emirati Arabi Uniti e Israele, la loro somministrazione è fortemente sbilanciata a favore dei Paesi dell’Ue – tra cui l’Italia, che rientra nei primi dieci – e, più generalmente, occidentali. Lo dicono anche i calcoli effettuati sugli ordini e le dosi opzionate del vaccino, che sicuramente non basteranno a coprire il mondo intero, almeno non nel 2021. Il Canada, per esempio, avrebbe ordinato un numero sufficiente di dosi per vaccinare ben tre volte la sua popolazione, l’Unione europea circa due volte, anche tenendo conto del richiamo.
La competizione tra stati e la mancata trasparenza sui contratti
Oltre all’accaparramento fatto alla luce del sole – riconducibile in parte alla necessità di ordinare dosi in via preventiva visto che i vaccini sono in parte ancora in fase di sviluppo -, c’è poi la questione del vaccino portato avanti “sottobanco”. La scorsa settimana la Germania ha confermato che riceverà 30 milioni di dosi in più del vaccino Pfizer-BioNTech rispetto a quelle previste dal programma di approvvigionamento europeo, per un totale di 90 milioni di dosi. Una violazione dei patti così eclatante non poteva passare inosservata.
L’Unione europea ha fatto il possibile per cercare di metterci una pietra sopra. Ursula von der Leyen ha subito dichiarato che «non ci saranno negoziati paralleli», concetto ribadito martedì dalla friulana Sandra Gallina, direttrice generale della DG salute e sicurezza alimentare dell’esecutivo comunitario a capo delle trattative con le case farmaceutiche. «Sulla base di quanto mi è stato detto non esistono», ha dichiarato Gallina durante un’audizione al Parlamento europeo.
«I contratti paralleli non sono possibili se si legge l’articolo 7 dell’accordo» sugli acquisti anticipati. Ad ogni modo, mentre si aspetta di far chiarezza sulle dosi extra prenotate dalla Germania, rimane il fatto che degli accordi presi con le compagnie farmaceutiche si sa poco e niente. Basti pensare che è soltanto grazie a un errore commesso da un ministro belga se conosciamo i prezzi dei vari vaccini, dato che li ha pubblicati momentaneamente su Twitter.
Sono gli stessi funzionari europei ad ammettere che non c’è abbastanza trasparenza. Pascal Canfin, eurodeputato francese presidente della Commissione ambiente del parlamento europeo, ha dichiarato in conferenza stampa via zoom dopo l’audizione di Gallina che dovremmo sapere «il numero di dosi accessibili paese per paese, settimana dopo settimana». «Se la negoziazione dei contratti ci permette di dire che non c’è alcun rischio di rimanere a corto di vaccini a medio termine – ha aggiunto -, non ci permette di dire altrettanto a breve termine, ovvero da qui a marzo». Se questo vale per l’Europa “accaparratrice”, è facile immaginare che valga ancor di più per il resto del mondo.
La questione dei brevetti
«Noi chiediamo chiarezza su quattro cose – insiste Canfin -: i prezzi, le quantità, il regime di responsabilità giuridica e la proprietà intellettuale […] Anche se parliamo di compagnie private che hanno investito molti soldi sulla realizzazione dei vaccini, la ricerca è stata finanziata in parte dagli Stati e quindi è normale che si cerchi anche dei compromessi sulla proprietà intellettuale». Il primo punto è indubbiamente vero: la Commissione, per esempio, ha finanziato una parte dei costi iniziali sostenuti dai produttori di vaccini con 2,7 miliardi di euro. Il secondo punto – evidenziato in passato anche da Open – è tutto ancora da approfondire e non lascia ben sperare.
Infatti, quando il Sud Africa e l’India si sono rivolti all’Organizzazione mondiale del commercio per chiedere alle compagnie farmaceutiche di rinunciare alle protezioni sulla proprietà intellettuale dei vaccini anti-Covid, la loro proposta è stata bloccata dagli Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione europea. Quindi, non soltanto stenta a partire la distribuzione delle dosi ai Paesi più poveri tramite il meccanismo COVAX sostenuto anche dall’Ue – che comunque basterebbe a vaccinare soltanto il 20% della popolazione dei Paesi meno ricchi -, ma si ostacola anche la produzione autonoma dei vaccini in questi Paesi.
«Se non si sospende la proprietà intellettuale – dichiara a Open Elda Baggio, vicepresidente di Medici Senza Frontiere in Italia -, e i Paesi non concedono di depositare i brevetti per tutto il periodo della pandemia, almeno fino a quando non sarà raggiunta la “mitica” immunità di gregge, sarà un grande problema». Non stiamo parlando soltanto di vaccini. «La sospensione della proprietà intellettuale serve anche per i test diagnostici – continua Baggio -, che potrebbero essere introdotti a un costo minore, oltre che per un’ipotetica terapia. Adesso non è il problema più pressante, perché attualmente non c’é un farmaco per curare un paziente affetto dal Covid, ma mi auguro che ci sarà prima o poi».
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