Ciao Angela, comincia l’era di Armin Laschet alla guida della Cdu (e forse del Paese). Cosa cambia per la Germania e per noi?
Angela Merkel lasciò la segreteria della CDU nel 2018 dopo 18 anni di leadership. Al congresso dell’epoca, a vincere fu il suo braccio destro Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK), che sconfisse Jens Spahn e Friedrich Merz. Armin Laschet scelse di non essere della partita. AKK però non è mai riuscita a conquistare davvero la leadership della CDU, e a forza di gaffe e bordate dagli avversari interni, all’inizio dell’anno scorso ha rinunciato alla segreteria. Il nuovo segretario doveva essere eletto a inizio 2020 ma la pandemia ha stravolto le priorità, e la CDU ha dovuto rimandare un evento che, in teoria, prevedeva il raduno in presenza dei 1001 delegati del partito. Nel frattempo, Angela Merkel è rimasta il principale punto di riferimento, con AKK in carica solo per le funzioni essenziali.
Il risultato di ieri, 16 gennaio, quindi arriva dopo un lungo periodo di tensioni interne e un dibattito ancora aperto sul futuro del partito più importante della Germania. È nel contesto di questo vuoto di leadership che vince Laschet, politico esperto e alleato di Merkel. Laschet, oltre a essere un navigato governatore di uno dei land più importanti e popolosi della Germania (il Nord Reno Westfalia ha 18 milioni di abitanti), è un ex membro del Parlamento europeo, ed è la prima volta che un leader della CDU ha un background comunitario così profondo. Conosce le strutture, le istituzioni, i processi amministrativi e le diverse sensibilità e dinamiche che costruiscono i negoziati europei più complessi. Non è una cosa scontata, e queste esperienze danno a Laschet una capacità che altri raggiungono solo dopo anni di vita tra crisi e vertici.
Laschet è più europeista della media della CDU, che soprattutto sulle questioni di disciplina finanziaria ha correnti molto severe nei confronti dello sforamento dei vincoli di bilancio e dell’emissione di strumenti comuni di solidarietà fiscale e condivisione del rischio. Se ci fosse stato lui al posti della cancelliera Merkel, il Recovery Fund si sarebbe fatto lo stesso, e questa è una buona notizia per l’Italia. La competizione con il falco Friederich Merz però è stata serrata, una vittoria di soli due punti percentuali (52%) che testimonia le diverse sensibilità (leggi: feroci divisioni) della CDU su questi temi. Con la fine dell’era Merkel, queste correnti si faranno sentire direttamente in Europa, forti della sponda con alleati stranieri al governo dei Paesi frugali.
Il ruolo in Europa
Nell’Ue praticamente non c’è argomento che non riguardi il più grande partito tedesco: politiche finanziarie, solidarietà nella crisi pandemica, politiche ambientali, immigrazione, accordi sul clima, Brexit, coordinamento della politica, politica commerciale con la Cina, politica energetica con la Russia e, non da ultimo, il rapporto con gli Stati Uniti da ricucire, grazie alla presidenza Biden–Harris, dopo i turbolenti quattro anni Donald Trump. Tutti dossier che Laschet dovrà affrontare insieme all’alleato insostituibile della Germania in Europa: la Francia.
L’asse franco-tedesco è fin dall’inizio l’elemento intorno al quale si è costruita l’integrazione europea. Nonostante le buone intenzioni di Angela Merkel, le ambizioni di Emmanuel Macron di creare un rapporto più stretto a fare da perno a una politica estera più assertiva non si è mai realizzato. Visto il rapporto molto più stretto di Laschet con la politica francese, l’Eliseo si aspetterà che il nuovo corso trovi Berlino e Parigi più allineate sulle possibilità di dare all’Ue un ruolo strategico nel mondo. Se sarà possibile però, è tutta un’altra storia. Berlino sembra avere tutta l’intenzione di ascoltare cosa dice Washington prima di prendere decisioni con Parigi. Ironia della sorte, Laschet è nato proprio ad Aquisgrana, la città dell’omonimo trattato franco-tedesco del 2019, tanto caro a Macron.
Il ruolo di cancelliere
Resta aperta invece la questione del candidato cancelliere. Una questione di leadership che riguarda la Germania ma coinvolge tutta l’Europa. La decisione spetta alla CDU insieme alla CSU bavarese, l’alleanza dovrebbe esprimersi dopo le elezioni del 14 marzo nei land del Baden-Württemberg e della Renania-Palatinato. Laschet non sembra volersi candidare per forza a Cancelliere, e si discute di candidare al suo posto l’attuale ministro della Sanità, Jens Spahn, il giovane 40enne che ha corso in tandem con Laschet. Spahn è diventato molto popolare durante la gestione della pandemia, e secondo alcuni è arrivato il suo momento.
Tuttavia, separare il ruolo di leader della CDU da quello di Cancelliere è inusuale e poco convincente. L’alternativa più credibile è una candidatura del governatore della Baviera e leader della CSU, Markus Söder, molto stimato anche tra le correnti e le figure di spicco della CDU. Lui per adesso declina l’invito e dice di non essere interessato, e difficilmente si metterà di traverso nel caso la CDU dovesse decidere per Laschet o Spahn. Se però gli venisse chiesto, la candidatura di un Cancelliere bavarese prenderebbe consistenza.
L’asse coi Verdi
Molto dipende anche da cosa decideranno i Die Grunen (Verdi), se sosterranno apertamente una competizione elettorale in favore di un’alleanza con la CDU/CSU (nero-verde) o se continueranno a restare ambigui per non perdere simpatie a sinistra. L’ascesa dei Verdi e il predominio della lotta contro il riscaldamento globale caratterizzeranno la prossima campagna elettorale. Negli ultimi sondaggi, la CDU/CSU è quotata al 37%, i Verdi sopra il 20%, la SPD intorno al 15%.
L’alleanza nero-verde sembra essere il destino della Germania. Quello di oggi è l’inizio di un anno elettorale tedesco molto intenso, in cui si terranno sei elezioni regionali prima delle elezioni federali del 26 settembre. Il problema è che spesso in Germania le alleanze nei land sono diverse – anche radicalmente diverse – dalle alleanze per il governo federale. Nel mezzo, la campagna vaccinale e i negoziati per l’approvazione dei Recovery Plan. Non sarà facile mantenere l’equilibrio tra competizioni elettorali e realpolitik.
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