Galli: «Bisogna correre con i vaccini per limitare nuove varianti». Ma senza «chiusure rigorose» i contagi non caleranno
L’imperativo è «correre con le vaccinazioni» per impedire che si crei terreno fertile per ulteriori variazioni del virus. L’idea di raggiungere l’immunità di gregge, semplicemente, «non funziona». E anzi, «lasciar correre il virus contribuirebbe al rischio di nascita di nuove varianti Covid» che possono essere molto «più fastidiose per noi», come nel caso delle varianti brasiliane che hanno la tendenza «a reinfettare chi era già risultato positivo». Al netto di ciò, il professor Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, non nasconde «forte preoccupazione» per i ritardi nella consegna delle dosi di vaccino Pfizer – BioNTech. «Ritardi, in realtà, un po’ attesi», a detta del primario del Sacco, anche alla luce «dell’alto numero di ordini provenienti da tutto il mondo».
Le chiusure non «rigorose» rischiano di compromettere la campagna vaccinale
Del resto «la vaccinazione avrà i suoi tempi», e di conseguenza sono necessari «grandi quantitativi di dosi», spiega il professor Galli in un’intervista a Il Messaggero. Ma in assenza di disponibilità massicce di vaccino, la campagna di somministrazione rischia di essere rallentata non solo da eventuali mancate (o prorogate) consegne da parte delle case farmaceutiche, ma anche dalla «continua (e alta) circolazione del virus» a causa di chiusure troppo blande e non «rigorose», che mantengono dunque i numeri dei contagi troppo alti. C’è poi da tenere in considerazione che la prima fase della campagna vaccinale si è svolta in contesti specifici, mirati e “contingentati”, come nel caso delle Rsa e degli ambienti ospedalieri. Ma le vaccinazioni di massa pongono incognite di contagio e difficoltà logistiche e amministrative di gran lunga superiori.
I «criteri discutibili» da migliorare nella prossima fase delle vaccinazioni
Certo, ci sono stati anche dei «criteri discutibili» nella prima fase, come la somministrazione del vaccino a chi ha già contratto il virus, senza però aver fatto prima un dosaggio anticorporale (per valutare la risposta immunitaria già sviluppata) e, in sostanza, l’eventuale possibilità rimandare la vaccinazione a quando i valori degli anticorpi contro il SARS-CoV-2 sarebbero scesi e venuti a mancare. «Se ci sono almeno 2 milioni di italiani che hanno già sviluppato anticorpi – prosegue il professor Galli – forse avremmo potuto risparmiare 4 milioni di dosi, riservandole agli altri. E avrei fatto anche il test sierologico rapido a tutti, prima di vaccinare».
I timori per le nuove varianti e l’alta circolazione del virus
In qualsiasi caso, oltre alla vaccinazione che sarà inevitabilmente «diluita nel tempo», i timori sulle possibili nuove varianti già individuate ed eventuali nuove mutazioni che potrebbero nascere dall’alta circolazione del virus. Allo stato attuale, «non è detto che tali variazioni possano incidere in modo più cruento». Ma d’altro canto è altresì vero che «il virus, pur circolando, non ha perso la propria aggressività». Ci sono poi dubbi sulle capacità d’aggiramento del vaccino delle mutazioni.
Una questione tanto delicata quanto di fondamentale importanza per comprendere l’effettiva efficacia del vaccino, anche se dai primi studi «i vaccini autorizzati risultano essere efficaci» anche con le varianti. E se negli altri Paesi si è puntato molto sul sequenziamento dei virus, essenziale per l’individuazione delle mutazioni, questo, in Italia, non è praticamente avvenuto, malgrado malgrado esistano diversi centri «idonei a svolgere questo lavoro di sequenziamento, anche come forma di sorveglianza». Si è preferito investire forse sui banchi a rotelle. Ma su questo, il professor Galli non può far altro che sospirare e glissare.
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