Il Ministero della Salute conferma i conti di Open e fa dietrofront: i vaccinati non sono 1 milione ma soltanto 6.000
Sono passati cinque giorni da quando il ministro della Salute RobertoSperanza ringraziava cittadini e operatori sanitari per l’importante traguardo di «1 milione dipersone vaccinate in Italia», primo grande passo «di una maratona decisiva» contro Covid-19. A ruota arrivava l’entusiasmo del presidente del Consiglio Conte, che ribadiva l’importante numero, sbandierando il primato «dell’Italia in Ue per numero di persone vaccinate». Nel frattempo la cifra riportata sulla mappa ufficiale del Ministero per il monitoraggio della campagna (ora non più consultabile) è continuata a salire, segnando il superamento del milione di «vaccinazioni». I numeri però, e di conseguenza i tempi necessari a concludere la prima fase del piano, non coincidevano con quelli che sin dall’inizio risultavano ad Open. E la comparsa di un nuovo dato sul Report Vaccini anti Covid-19 diffuso dal governo nella giornata di ieri, confermano quanto siano stati frutto di un semplice e propagandistico trucco verbale.
Un milione di persone vaccinate in Italia.
— Roberto Speranza (@robersperanza) January 15, 2021
È il primo incoraggiante passo di questa maratona decisiva per il futuro di tutti noi.
Grazie alle donne e agli uomini del Servizio Sanitario Nazionale che con il loro lavoro straordinario rendono possibile questa impresa.
Andando per ordine: ieri 19 gennaio nel report sui vaccini anti Covid del governo compare una dicitura finora mai utilizzata e cioè: «Totale persone vaccinate». Nulla di strano se non fosse che a quel dato corrisponde la cifra di 6.881.
Un numero ben lontano dal «primo grande passo nella maratona decisiva» di cui aveva parlato Speranza, ben lontano cioè dalle cifre che dal 31 dicembre hanno continuano a salire fino a 1 milione sotto la dicitura di totale vaccinazioni. Il nuovo dato inserito dei 6 mila vaccinati fa riferimento, come scienza vuole, alle persone a cui sono state somministrate prima e seconda dose, e ora fa coppia con 1.197.913 milioni di «somministrazioni effettuate». La stessa cifra a cui finora era stato attribuito il dato delle «totali vaccinazioni» sia sulla mappa ufficiale di cui si vede un esempio qui di seguito, che negli annunci in gran clamore del governo. Solo una questione di termini? Decisamente no.
Nel periodo di avviamento di una campagna vaccinale a dir poco complessa, in cui scetticismi, fake news e anarchia interpretativa minacciano quotidianamente la reale lotta al virus, i dati che vengono diffusi richiedono una chiarezza di linguaggio e di contenuto estremi. Inutile dire che oltre alla comunità scientifica, la responsabilità principale di trasparenza, spetta ai governi. Vaccinare vuol dire, nel caso del siero Pfizer e di Moderna, iniettare ad un singolo soggetto due dosi differenti e a distanza di 21 o 28 giorni l’una dall’altra. Solo così si è in grado di garantire l’immunità pressoché completa dal virus. La somministrazione della prima dose, che è quella a cui corrisponde il milione tanto declamato, non può per gli esperti equivalere nella maniera più assoluta all’effetto completo della vaccinazione. Va da sé che il totale di vaccinati, comunicato fino a ieri alla popolazione come grande traguardo raggiunto, non corrisponde al reale stato delle cose. Così come le conseguenze sui numeri del piano vaccinale, sui quali rifletteremo fra poco.
I limiti della prima dose
Il dato comparso nel report del governo sulle 4 mila persone vaccinate non è stato inserito ieri a caso. A quasi un mese dall’inizio della campagna e alla luce dei primi richiami che hanno dato sì il vero numero di persone vaccinate, il ministero della Salute ha ritenuto finalmente il caso di chiamare i dati con il proprio nome, riportando il numero dei completamente immuni da Covid-19.
Sul discorso della “falsa” protezione data dalla prima dose, lasciamo che siano ancora i numeri a parlare: Pfizer ha annunciato un 95% di efficacia per il suo vaccino. La percentuale garantisce una difesa dal virus quindi molto alta: basti pensare che la soglia di protezione ritenuta accettabile dall’Organizzazione mondiale della Sanità per un vaccino è del 50%. Il punto centrale che va ribadito è che quel 95% non è raggiungibile con la prima dose iniettata: il range di immunità garantita dalla prima iniezione sta tra il 29,5% e 62,4%. Questo vuol dire che la probabilità che la prima dose non raggiunga neanche il valore minimo di efficacia del 50% stabilito dall’Oms è effettiva.
Quindi saranno fondamentali due cose: primo, continuare a indossare la mascherina e seguire i comportamenti di prevenzione; secondo, sottoporsi al richiamo. Riferendoci al range riportato prima, le percentuali di efficacia potranno alzarsi fino al 95% solo con la seconda dose iniettata a 21 giorni dalla prima. Con una garanzia di protezione che si attiverà 2 settimane dopo il richiamo. Alla luce dunque dei continui ritardi nelle forniture da parte di Pfizer e di una seconda dose attualmente a rischio per molti operatori sanitari e Rsa, il dato del milione di «vaccinati» e quindi protetti dal virus, non può essere sostenuto da un governo che abbia come priorità la trasparenza.
Con i veri numeri il conto non torna
Dando un occhio ai numeri riportati sul calendario del piano vaccinale italiano, il totale delle categorie con priorità per il primo trimestre 2021 ammonta a quasi 6 milioni e mezzo: la somma cioè di operatori sanitari (1.404.037), ospiti/lavoratori di Rsa (570.287) e ultra 80enni (4.4 milioni). Alla luce delle forniture che ad oggi sappiamo arriveranno in Italia, salvo imprevisti e ritardi che pure ci sono, la prima fase non potrà essere rispettata. La quantità di dosi da avere a disposizione per vaccinare questi 6 milioni e mezzo di persone dovrà essere di circa 13 milioni, tenendo conto della doppia inoculazione necessaria per garantire la completa immunità.
Ma sommando gli 8,794 milioni di dosi garantite da Pfizer (a pieno ritmo) nel primo trimestre con l’ 1,3 milioni di Moderna, si ottiene una cifra di circa 10 milioni di dosi di vaccino anti Covid attualmente disponibili. È evidente come all’appello manchino 3 milioni: c’è quindi il rischio di rimanere senza vaccino in primis per gli over 80, a cui le somministrazioni spettano in terza battuta, ma ora anche per gli stessi operatori sanitari ed Rsa, alle prese con i ritardi di Pfizer. Se il rallentamento promesso per una settimana dovesse prolungarsi, ai 3 milioni si aggiungerebbe, intanto, il 30% mancante nella fornitura settimanale del 18 gennaio. Certo c’è sempre Astrazeneca a poter coprire il buco ma il via libera di Ema per il 29 gennaio è ancora in forse e il rischio di un’autorizzazione solo per gli under 55 lascerebbe ancora nell’incognita gran parte degli ultra 80enni in attesa.
L’altro dato che continua a non tornare è quello relativo ai ritmi del piano. La prospettiva annunciata dal Commissario Domenico Arcuri e ribadita più volte dal ministro Speranza è quella di poter vaccinare entro marzo circa 6 milioni di persone. Calcolando il ritmo giornaliero delle somministrazioni dal 31 dicembre, giorno in cui le dosi di Pfizer sono state distribuite su tutto il territorio nazionale, è possibile registrare per l’Italia una media attuale di circa 60 mila iniezioni al giorno. Cifra fino a ieri associata nella mappa del governo al numero totale di vaccinazioni. Trattandosi però, come abbiamo capito, soltanto di singole somministrazioni, il ritmo tenuto dal governo è ancora troppo basso per riuscire a mantenere le promesse: con 60 mila dosi al giorno si arriverebbe alla fine di marzo con 6.5 milioni diiniezioni mancanti all’appello. E quindi con 3.3 milioni di persone per cui sarà da considerare a rischio persino la prima somministrazione.
Il ritmo necessario a garantire a tutti i soggetti del primo trimestre una difesa totale sarebbe invece di circa 150/155mila somministrazioni al giorno per i 70 giorni che mancano al 31 di marzo: un numero che non solo continua a essere lontano dalla realtà ma che non è nemmeno mai rientrato nelle dichiarazioni d’intenti di Speranza. Il 7 gennaio il ministro annunciava un’accelerazione del piano con la promessa di arrivare fino a 70 mila dosi giornaliere, che avrebbe così garantito la riuscita. Ora alla cifra promessa siamo quasi arrivati ma i numeri non reggono ancora la domanda. Le 90 mila dosi al giorno che mancano per rispettare i tempi promessi rimangono un problema da risolvere.
Foto copertina: Ansa
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