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Dallo smart working al no working: perché il lavoro a distanza nel pubblico impiego non funziona – Il commento

20 Gennaio 2021 - 12:03 Giampiero Falasca
Scuole nel caos, uffici pubblici abbandonati, risposte che latitano: la Pubblica Amministrazione sta perdendo la sfida del lavoro da remoto

Dal mese di marzo gli uffici di qualsiasi tipo si sono svuotati per dare seguito alle misure di distanziamento sociale necessarie a fronteggiare la pandemia. Il lavoro d’ufficio si è trasferito tra le mura domestiche, tra mille difficoltà, logistiche e culturali; difficoltà che, nella maggior parte delle imprese private, sono state affrontate, gestite e in qualche modo superate, garantendo la continuità dell’attività lavorativa anche nelle nuove condizioni (e pur con i mille problemi connessi a questa strana forma di lavoro casalingo). Non si può dire altrettanto dei risultati ottenuti nella pubblica amministrazione, dove l’utilizzo del lavoro da remoto ha prodotto risultati scadenti, nonostante sia necessario e doveroso fare una premessa: tutte le generalizzazioni sono sbagliate, e anche su questo tema non bisogna trascurare le tante esperienze positive fatte.

La didattica a distanza

Al netto di queste esperienze, che sono comunque eccezioni, in questi mesi chiunque ha avuto a che fare con la pubblica amministrazione ha dovuto riscontrare che il lavoro “da remoto” ha prodotto effetti devastanti, in tutte le tipologie di enti e uffici. Bastano pochi esempi per confermare questo giudizio. Partiamo dal caso più visibile di tutti, la scuola: la DAD, la didattica svolta in modalità digitale, ha tendenzialmente funzionato (ma non ci voleva molto, bastava accendere i cellulari…). Ma tutto quello che sta intorno alla didattica si è rivelato un assoluto caos organizzativo e amministrativo.

Alla ripresa dell’attività scolastica, alcune scuole non hanno riaperto perché mancavano i riscaldamenti; altre avevano le aule allagate. Per non parlare di quegli istituiti che non avevano ancora i banchi, non avevano completato la pulizia delle aule oppure non avevano ancora deciso dove sistemare alcune classi. Tutti disservizi nati da motivi differenti ma accomunati dallo stesso problema: i responsabili dei rispettivi processi amministrativi non erano e non sono fisicamente presenti e rintracciabili, pur essendo formalmente in servizio (a distanza). 

Gli uffici pubblici

Se spostiamo l’analisi sugli uffici aperti al pubblico, la situazione non cambia. Numeri telefonici che squillano a vuoto, file interminabili per chi vuole ricevere un servizio di persona, processi amministrativi fermi da mesi: non si muove nulla, perché non c’è nessuno che si fa carico di farlo. O meglio, è presente, ma a distanza. Questa situazione è ancora più grave negli uffici non aperti al pubblico, dove il lavoro da remoto genera delle vere e proprie sparizioni di personale. 

Le aule di giustizia e il processo telematico

Chi ha la sventura di imbattersi in un procedimento giudiziario va incontro a un problema simile: la possibilità di parlare di persona con gli uffici amministrativi è sostanzialmente azzerata, il dialogo digitale è quasi inesistente, e si va avanti a piccoli passi. E per fortuna che il processo civile telematico ha consentito già da qualche tempo di spostare sul digitale alcuni importanti adempimenti, altrimenti ci sarebbe stata una vera paralisi. 
Insomma, lo smart working nella pubblica amministrazione, fino ad oggi, si è rivelato un disastro: quando finalmente si potrà allentare la morsa delle misure di distanziamento sociale, e prima di lanciare avvenutosi progetti di lavoro a distanza per il pubblico impiego,  bisognerà riconoscere con onestà e coraggio che non è tutto andato per il verso giusto.  

La necessaria progettazione di un modello sostenibile

E soprattutto bisognerà ripartire da un concetto essenziale: l’applicazione dello smart working nel pubblico impiego non si può improvvisare. Per far funzionare il lavoro a distanza dentro le amministrazioni, è necessario, prima di tutto, capire come e dove si può applicare questo modello, partendo da progetti pilota, sperimentazioni sul campo e analisi dei risultati e del livello di soddisfazione dell’utenza. Senza fretta, senza preconcetti ma anche senza letture autoassolutorie. Un approccio indispensabile per evitare di indebolire ancora di più una macchina organizzativa che è  già troppo lenta e inefficiente. 

Immagine copertina di Magnet.me on Unsplash

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