Corsa contro il tempo per trovare nuovi costruttori, le trappole di Renzi: i primi voti in cui il governo rischia
Nel breve incontro «interlocutorio» di Giuseppe Conte con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier ha riferito al Capo dello Stato lo stato dell’arte dei lavori dopo il vertice di maggioranza, in cui si è deciso che l’esecutivo può e deve essere allargato. E in fretta. Già, questo deve avvenire in tempi brevi, come già indicato dal Capo dello Stato nel primo colloquio con il presidente Conte dopo la ritirata da parte del senatore Matteo Renzi dei membri di Italia Viva dell’esecutivo. È necessaria infatti una stabilità solida in tempi rapidi, magari attraverso la creazione di un nuovo gruppo parlamentare, una quarta gamba che supporti l’esecutivo M5s-Pd-LeU, per permettere al Governo di poter portare avanti l’attività sia nelle commissioni, sia nelle aule parlamentari.
Il governo rischia già il 27 gennaio sulla Giustizia
Ma il tempo è davvero poco, anche perché l’appuntamento del 27 gennaio si avvicina. Mercoledì prossimo, infatti, alla Camera e al Senato potrebbero essere ribaltati gli equilibri parlamentari, il che potrebbe portare a un’eventuale caduta dell’esecutivo e del premier. In tal contesto si riaprirà uno scontro sospeso ormai da un anno, e iniziato prima della pandemia di Coronavirus, quando il leader di Italia Viva minava la tenuta della maggioranza in uno scontro serrato con il guardasigilli Alfonso Bonafede sul reato di prescrizione. In quel caso la crisi di governo vera e propria saltò, con una (temporanea) ritirata di Renzi e i suoi. Ma ora Italia Viva torna all’attacco e fa sapere che voterà contro la relazione annuale di Bonafede sullo stato della Giustizia, assieme alle opposizioni.
Una scelta che agita il guardasigilli pentastellato, e lo infastidisce non poco. Anche perché Bonafede non riesce a spiegarsi come si possa votare contro «a una relazione che (Renzi) non ha ancora letto, un testo che conterrà quello che ha fatto il governo assieme a Italia Viva». Ma anche perché, semplicemente, «la relazione non è ancora pronta». Ma dal canto loro, i renziani bocciano praticamente tutta la linea del ministro Bonafede: dalla riforma penale a quella civile, passando per la riforma del Csm.
Il campo minato delle commissioni parlamentari
Ma non solo. Anche sul decreto ristori potrebbe sorgere qualche problema per la tenuta dell’esecutivo, con Italia Viva che intende presentare un emendamento in cui verrebbe richiesto di trasferire i 4,7 miliardi destinati al Cashback per incrementare le somme disponibili per i ristori. Ma questo non avverrebbe in aula, ma in commissione Bilancio.
Già, le commissioni, altra “croce” per Conte e “delizia” per Renzi. In questo momento, senza l’appoggio di Italia Viva, maggioranza e opposizione si trovano sostanzialmente in pareggio in diverse aree di competenza: sono in pareggio in quella di Bilancio, Affari costituzionali, Industria ed Esteri. E pareggio, in commissione, si traduce in perdita per le forze di maggioranza. Altrettanto critica per l’esecutivo la situazione in commissione Sanità, Lavori pubblici, Cultura e Ambiente, dove l’opposizione è in vantaggio. Diversa la situazione in altre commissioni, come Finanze e Lavoro dove la maggioranza dovrebbe farcela anche senza il supporto di Italia Viva.
Renzi non crede alle elezioni anticipate e spera in un governo di «unità nazionale»
Dal canto suo Renzi dice di non credere alle elezioni anticipate, e spera quindi che si converga verso un governo di «unità nazionale» in cui rientrerebbe anche Italia Viva e altre forze. Ma la porta della maggioranza è stata più volte chiusa in faccia ai renziani, o meglio: a Matteo Renzi, più che ai suoi colleghi di partito. Tant’è che il lavorio per trovare almeno una decina di «responsabili» e «volenterosi» senatori (ma anche di deputati) che portino una certa solidità e stabilità in parlamento prosegue anche tra le fila di Italia Viva (si fanno i nomi di Comincini, Grimani, Garavini e Parente), oltre che nelle forze centriste, in particolare quelle di Forza Italia.
L’intransigenza del Quirinale: o maggioranza solida o voto
Il Quirinale però ha chiesto di fare in fretta, guardando anche alla gestione della pandemia, alla campagna vaccinale, ai rapporti europei. Insomma, caduto nel vuoto l’auspicio pronunciato dal presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, il Capo dello Stato non intende transigere su maggioranze raccogliticce che non garantirebbero la tenuta dell’esecutivo, con il rischio di minare ogni giorno la tenuta del governo e di innescare uno stato di crisi politica pressoché permanente. In assenza di ciò, non resta che il voto.
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