Rinvio per gli over 80 e niente priorità per i prof: l’effetto dei tagli ai vaccini di Pfizer e AstraZeneca, che allontanano l’immunità
I tagli alle forniture di vaccini anti-Covid da parte di Pfizer e AstraZeneca costringono l’Italia a riscrivere il calendario delle somministrazioni. E insieme alle dosi per over 60 e docenti slitta anche il raggiungimento di quell’immunità di gregge per cui l’asticella è stata posta ad almeno il 70% della popolazione vaccinata. L’obiettivo di arrivarci entro l’autunno assume sempre più i tratti di un’utopia. Il rischio concreto, riconosciuto dal governo, è che tutto slitti di settimane, se non mesi. A meno che, con la diffida per inadempimento che il commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri si appresta a inviare a Pfizer, l’azienda statunitense non compensi rapidamente i tagli. Seguita a stretto giro da AstraZeneca. Ipotesi, al momento, ritenuta remota in seno all’esecutivo.
L’immunità di gregge può slittare al 2022
Se le riduzioni alla produzione e consegna dei vaccini destinati all’Italia si dovessero protrarre, il target dell’immunità di gregge rischierebbe di essere rimandato al 2022. «È evidente che, se i vaccini non ci sono, l’immunità di gregge slitta di qualche settimana o mese», ha ammesso il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia. I riflettori del governo sono puntati soprattutto su AstraZeneca, da cui sono attese – almeno sulla carta – 40 milioni di dosi, la fetta più consistente all’interno del piano vaccinale italiano. Per effetto dei tagli annunciati dall’azienda, solo per il primo trimestre del 2021 le dosi destinate al nostro Paese sono passate dai 16 milioni concordati a 3,4. E il timore è che non finisca qui.
In attesa del vaccino di AstraZeneca, che peraltro deve ancora ottenere l’autorizzazione dell’Agenzia europea per il farmaco (Ema), l’Italia dovrebbe ricevere da qui a marzo 8,7 milioni di dosi da Pfizer e 1,3 milioni di dosi da Moderna. Complessivamente, stando al piano vaccinale messo a punto dal governo, nel primo trimestre del 2021 erano attese in Italia 28,26 milioni di dosi. Il quantitativo reale, per effetto dei contrattempi delle aziende produttrici, corrisponderà a circa il 50% di quanto previsto: entro la fine di marzo le dosi a disposizione del nostro Paese saranno meno di 15 milioni.
Tutto fermo anche per gli over 60
Alla luce di questi numeri, uno slittamento delle vaccinazioni è inevitabile. Il piano va rimodulato «in base ai numeri ridotti», ha confermato il ministro Boccia. E a farne le spese saranno in primis le persone con più di 80 anni, già penalizzate finora dai ritardi sulle somministrazioni. Molte Regioni hanno già ufficializzato il rinvio delle iniezioni a febbraio. In alcuni casi, si andrà direttamente a marzo. Alla fine di quel mese, saranno vaccinati non più di 7,5 milioni di italiani: medici e personale socio-sanitario, ospiti e operatori delle Rsa e pazienti fragili, oncologici, cardiologici ed ematologici, oltre agli over 80. Dovranno aspettare le altre categorie: i 13,4 milioni di italiani tra i 60 e i 79 anni, i 7,4 milioni con almeno una comorbilità cronica, i membri delle forze di polizia, il personale delle carceri e i detenuti, e anche gli insegnanti, per cui nelle ultime settimane s’era fatta sempre più concreta l’ipotesi di anticipare i tempi per riaprire in sicurezza le scuole.
In questo quadro, è necessario tenere in considerazione un ultimo elemento in grado di rivoluzionare ulteriormente il piano italiano. Come ha evidenziato il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, quando arriverà il via libera dell’Ema ad AstraZeneca bisognerà vedere «che tipo di approvazione verrà data», se sarà cioè «condizionata a determinati parametri di età». Il riferimento di Locatelli è all’ipotesi – basata sui dati della sperimentazione finora disponibili – che il vaccino di AstraZeneca possa essere raccomandato per la popolazione sotto i 55 anni. Se così sarà, la coperta per gli over 60 in attesa di vaccinazione rischia di essere ancora più corta.
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