Biden appoggia l’impeachment per Trump: «È una minaccia per la democrazia». A cosa serve ora mettere sotto accusa l’ex presidente
Dalle 12 del 20 gennaio Donald Trump non è più il Presidente degli Stati Uniti d’America. Nonostante ormai si trovi nel suo resort di Mar-a-lago, a quasi 15 ore di automobile da Washington, il suo processo di impeachment al Congresso sta andando avanti. Anzi. Per la prima volta dal giorno del suo giuramento Joe Biden ha dato il suo benestare a questo processo, nelle scorse ore parlando alla Cnn ha detto: «Penso che vada fatto. Sarebbe stato peggio se questo non fosse iniziato». Trump intanto sta organizzando la sua difesa, anche se fatica a trovare dei legali che lo sostengano. Al momento l’ex Presidente ha arruolato solo Butch Bowers, noto avvocato della South Carolina.
Come è nato il processo di impeachment a Trump
L’impeachment è un processo politico e quindi non ha conseguenze giudiziarie. Viene istituito dal Congresso e serve per rimuovere una persona da un incarico pubblico. I motivi che possono avviare questo procedimento sono vari. Nel caso di Trump l’accusa è guidata dal deputato Jamie Raskin, membro del Partito Democratico e rappresentante del Maryland. L’ex presidente è accusato di «istigazione all’insurrezione» per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio. Nelle cinque pagine presentate al Senato degli Stati Uniti si scrive che Trump «ha messo in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti e delle sue istituzioni, ha minacciato l’integrità del sistema democratico e ha ostacolato una pacifica transizione dei poteri».
In questo documento Trump viene definito una «minaccia per la sicurezza nazionale, per la democrazia e per la Costituzione». Una tesi supportata dalle dichiarazioni fatte dall’ex Presidente durante il comizio organizzato prima degli attacchi a Capitol Hill: «Se non combattete come indemoniati non avrete più un Paese». Nelle accuse che hanno dato vita all’impeachment si parla anche delle telefonata al segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, una conversazione svelata dal Washington Post cui Trump chiede di trovare il modo di ribaltare l’esito del voto per concedere la vittoria al Partito Repubblicano.
A cosa serve, ora, un impeachment?
Al momento Trump non ricopre nessun incarico pubblico. Il processo di impeachment in corso si può leggere quindi in due modi. Da una parte si tratta di una risposta formale del Congresso all’assalto di Capitol Hill, un fatto grave e senza precedenti nella storia degli Stati Uniti dall’indipendenza dal Regno Unito. Dall’altra però questo procedimento ha anche delle conseguenze pratiche.
Se dovesse concludersi Trump rinuncerebbe al vitalizio e a tutti i servizi che vengono di norma concessi agli ex Presidenti. Si parla di una cifra attorno ai 200 mila dollari, circa la metà di quello che ricevono quando sono in carica. Oltre al vitalizio, una volta usciti dallo Studio Ovale, i Presidenti eletti hanno diretto anche a uno staff, a spese di viaggio pagate, a un’assistenza sanitaria e alla protezione a vita da parte degli agenti del Secret Service.
Oltre a questo, Trump non potrebbe più candidarsi alle elezioni politiche e quindi non sarebbe possibile un suo ritorno nel 2024, anno delle prossime elezioni. Su questo punto non è ancora chiaro cosa deciderà di fare il tycoon. Potrebbe continuare a muoversi nel Partito Repubblicano, puntando a far correre alle prossimi elezioni negli Stati uomini e donne a lui fedeli oppure potrebbe fondare un nuovo partito. Nonostante sia stato sconfitto da Biden e Kamala Harris, alle ultime elezioni è riuscito comunque a ottenere 74 milioni di voti.
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