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Prevenire in casa le forme gravi di Covid-19 per evitare l’ospedalizzazione. Cosa sappiamo della «terapia napoletana»

27 Gennaio 2021 - 22:14 Juanne Pili
«Curarsi in casa è meglio» è la mission della terapia. Un protocollo certamente interessante ma saranno necessari studi più ampi per confermarne l’efficacia

Il protocollo anti-Covid di cui tratta una lettera apparsa su Multidisciplinary Respiratory Medicine riguarda un piccolo gruppo di 182 medici (111 uomini e 71 donne). I ricercatori hanno monitorato, dal primo settembre al 24 dicembre 2020, tutti i sintomatici tra i 32 e 71 anni, «mattina e sera». Il trattamento, condotto da Gennaro D’Amato assieme ad altri colleghi, non riguarda casi rivelatisi subito gravi. Come riportano diversi quotidiani, il trattamento mira a prevenire in casa le forme gravi di Covid-19. «Curarsi in casa è meglio», è il motto di D’Amato che meglio illustra la mission contro il nuovo Coronavirus.

Come funziona

L’idea dei ricercatori è che somministrando tempestivamente eparina a basso peso molecolare e corticosteroidi a basso dosaggio (ottimizzandoli a seconda delle caratteristiche del paziente) si possa prevenire l’infiammazione che caratterizza le forme gravi di Covid-19. 

«Consiste nell’anticipare la terapia e prescrivere i farmaci prima che le condizioni di salute dei pazienti si aggravino – afferma D’Amato – a distanza di 3-4 giorni dalla comparsa dei sintomi e subito dopo il tampone risultato positivo anziché dopo 7-8 giorni, come suggerito da altri protocolli […] Soltanto quattro pazienti dei 181 trattati hanno avuto necessità di ricovero, due in terapia intensiva».

In generale il metodo è interessante, in quanto i pazienti sono monitorati quotidianamente e a distanza, attraverso la telemedicina. Tuttavia riscontriamo anche dei limiti – sulla base di quanto riportato dai ricercatori nella lettera – che per essere colmati necessiteranno di successivi studi più ampi.

La «ricetta» del protocollo:

  • Eparina a basso peso molecolare (LMWE) (4000 UI o 6000 ogni giorno in base al peso);
  • Corticosteroidi, (prednisone 25 mg al mattino e 12,5 alla sera (dosaggio con attività antinfiammatoria, per ridurre la tempesta di citochine, iniziato circa 3-4 giorni dopo l’inizio della sintomatologia e non dopo 7-8 giorni come suggerito da altri protocolli);
  • Azitromicina 500 mg per le sue proprietà antinfiammatorie, una al giorno per sei giorni;
  • In caso di febbre e tosse indotte da COVID-19 ma eventualmente anche da sovrainfezione batterica, si consiglia di utilizzare come antibiotici levofloxacina e/o ceftriaxone;
  • Lansoprazolo 30 mg per prevenire emorragie gastriche. – Integratori di potassio, magnesio e vitamina D quando necessario.

I presunti limiti del protocollo

Sappiamo che i pazienti sopra i 65 anni e/o con patologie corrono maggiori rischi di contrarre forme gravi di Covid-19, a prescindere dal tipo di trattamento a cui vengono sottoposti.

«Questo schema di trattamento è stato in grado di ridurre il rischio di ospedalizzazione poiché solo 4 pazienti dovevano essere ricoverati in ospedale – continuano i ricercatori – e solo due nel reparto subintensivo. Dopo la negatività del test molecolare nasofaringeo, i pazienti sono stati invitati per una tomografia computerizzata toracica e una valutazione di laboratorio del d-dimero e altri dati sull’infiammazione per mostrare l’eventuale coinvolgimento interstiziale polmonare caratteristico di COVID-19».

Purtroppo non è possibile capire dal testo quale sia l’età dei quattro pazienti e se avessero patologie pregresse. Non è precisato se il gruppo di volontari fosse randomizzato, né si menziona un gruppo di controllo trattato coi metodi standard. Questi limiti non ci aiutano a capire – alla lettera – se effettivamente il protocollo è davvero in grado di prevenire le forme gravi di Covid-19 al di là di ogni ragionevole dubbio. 

Foto di copertina: EPA/FRIEDEMANN VOGEL | Peter Biesenbach (R), Minister of Justice of North Rhine-Westphalia gets demonstrated how telemedicine works in the prison of Attendorn, Germany, 12 August 2020.

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