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Crisanti sul pubblico a Sanremo: «Ci si abitua a 500 morti al giorno e si dice “Vabbè, pazienza”» – Il video

29 Gennaio 2021 - 07:29 Maria Pia Mazza
«C'è un inaridimento dei sentimenti delle persone», osserva il professore ordinario di microbiologia all’Università di Padova

«C’è una specie di inaridimento dei sentimenti. La gente alla fine si abitua.  Muoiono 500 persone al giorno, e dice: “Vabbè, pazienza”. Pensano che a loro non toccherà perché magari hanno 30 anni, 40 anni e via”. Magari pensano, come diceva il presidente della regione Abruzzo, che la cosa più importante è mandare avanti l’economia, no?». È la chiosa con giudizio sospeso espressa dal professor Andrea Crisanti, intervenuto a Piazza Pulita su La7, commentando lo spirito attuale degli italiani davanti all’emergenza Coronavirus. Nell’ultimo bollettino del Ministero della Salute vengono infatti indicati 492 nuovi decessi Covid, per un totale di 87.381 vittime da inizio emergenza. Una situazione che non accenna a decrescere, sebbene siano passati 11 mesi dall’inizio della pandemia in Italia. 

E le questioni che hanno tenuto banco durante la giornata son state ben altre: le consultazioni dopo l’esplosione della crisi di governo, le questioni sui ritardi vaccinali e la polemica sul pubblico in sala per Sanremo 2021, con annesse “minacce” di dimissioni da parte del direttore artistico e conduttore della kermesse Amadeus. Un ultimatum lanciato dopo un tweet del ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, che ha ribadito che «l’Ariston è un teatro come tutti gli altri, e quindi il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema» e in totale contrapposizione al punto fermo di Amadeus di avere il pubblico in sala durante la rassegna sanremese.

E se a livello nazional-popolare c’è un ricordo di spensieratezza comune antecedente all’esplosione della pandemia, è proprio il Festival di Sanremo, conclusosi esattamente un mese prima che l’Italia finisse in lockdown. Dopo un anno di pandemia la voglia di spensieratezza è certo tanta, così come la necessità per il settore della cultura e della musica di cominciare a tornare a mettersi in moto (anche simbolicamente) con il Festival. E questo vale anche per gli spettatori da casa, che sperano in uno spaccato di leggerezza, nel tentativo di riappropriarsi di una sorta di normalità. E il professor Crisanti ne è certamente conscio, però non nasconde un velo di amarezza davanti a questa dissonanza così profonda tra realtà dell’andamento epidemiologico (e gli intoppi nelle vaccinazioni) e il legittimo desiderio di tornare alla normalità. Su questo Crisanti non dà alcun giudizio, ma puntualizza: «Noi però ci dimentichiamo il passato». E quello no, non si può dimenticare.

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