Dati rivisti, zone sbagliate: ci si può fidare dei dati sul Covid? Battiston: «Quelli delle regioni sono inaffidabili. Chi sbaglia deve pagare»
Il caos sui numeri dei vaccini in regione Lombardia, dopo il braccio di ferro di una settimana prima con l’Iss, ha fatto emergere ancora una volta le difficoltà della raccolta dati a livello regionale, insieme ala mancanza di un controllo sulla veridicità dei dati inviata dalle Regioni alla cabina di regia. «Non necessariamente dall’Iss c’è un controllo di consistenza. E se una ragione, anche in buona fede, manda dati non corretti, Roma rischia di prendere decisioni sbagliate», spiega a la Repubblica, Roberto Battiston, fisico dell’università di Trento, che dall’inizio della pandemia monitora la raccolta dati.
«Prima di usare i numeri e prendere decisioni ci si chiede: hanno un senso o c’è qualcosa che non va?», dice Battiston. La decisione di tingere di giallo, arancione, o rosso una Regione ha delle conseguenze pesanti e strascichi giudiziari». «Può succedere, per esempio, di decretare una zona rossa per errore. Serve un controllo: ci sono incongruenze che potrebbero essere rivelate in tempo e fare un preziosissimo servizio pubblico», chiarisce il fisico lamentando un meccanismo messo in piedi in un momento di emergenza. «La linea di raccolta dati andava rafforzata introducendo garanzie di tipo normativo e controlli incrociati».
«Il caso Lombardia ha evidenziato chiaramente che la raccolta dei dati non ha alcun valore legale: in caso di errore nessuno sembra essere responsabile delle conseguenze», ricorda Battiston parlando di dati che spesso non tornano in molte delle Regioni. Quello che andava fatto, e che va fatto ora, è «potenziare le competenze di tipo statistico e di analisi dati del Cts, organo che prende le decisioni proprio sulla base delle informazioni che provengono dalle Regioni».
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