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I sei studenti siciliani vaccinati per dare l’esempio: «Se avessimo saputo della carenza di dosi, non l’avremmo fatto»

30 Gennaio 2021 - 07:25 Fabio Giuffrida
vaccini
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Fa discutere la decisione della Regione Siciliana di vaccinare sei studenti universitari per sensibilizzare i più giovani. «Voleva essere un bel gesto e comunque i conti non dovevamo farli noi», ci spiegano

Sei studenti, giovani, sani, senza patologie né mai venuti a contatto con malati Covid, sono stati vaccinati tre giorni dopo il V-Day. Era il 30 dicembre quando Maurizio Anicito, Alessio Losi, Francesco Di Paola, Alessandro Guastella, Federico Mertoli e Giuseppe Sotera sono stati sottoposti alla prima dose del vaccino Pfizer. Si tratta di consiglieri d’amministrazione e di senatori accademici dell’Università di Catania che, al pari di medici e infermieri in prima linea nella lotta al virus, hanno ricevuto la vaccinazione. Sia la prima che la seconda dose. Nessuna colpa da parte degli studenti che, infatti, come emerge, sono stati scelti direttamente dall’Ateneo su richiesta della Regione Siciliana. Nessuno ha pensato, però, che vaccinarli per primi non era di certo prioritario visto che le persone più fragili (e più a rischio), i malati o gli anziani, ancora oggi non hanno ricevuto alcuna somministrazione.

Cosa è successo

«Ci hanno scelti perché dovevamo dare il buon esempio, dovevamo sensibilizzare gli studenti alla vaccinazione. Non abbiamo tolto dosi a medici e infermieri e comunque non potevamo dire di no alla richiesta dell’Università, altrimenti ci avrebbero dato dei negazionisti», ci spiega Maurizio, studente laureando in Chimica Farmaceutica, uno dei sei che ha avuto la fortuna di ricevere il vaccino anzitempo. All’epoca dei fatti, tra l’altro, «non c’era alcun sentore dei ritardi (da parte di Pfizer e di Moderna, ndr), non si sapeva come sarebbe andato il piano vaccinale».

«Se avessi avuto l’impressione che qualcosa potesse andare male, mi sarei rifiutato. Non ci avrei pensato due volte, nessuno voleva togliere la dose al personale sanitario». Insomma gli è stata presentata come un «ci sono vaccini per tutti»: uno in più, uno in meno non avrebbe fatto la differenza. Nessuno, però, deve aver pensato al piano vaccinale nazionale secondo cui le tre categorie che avevano (e hanno) la priorità assoluta sono operatori sanitari e sociosanitari, personale ed ospiti delle Rsa oltre a persone over 80. Non studenti giovani e sani. Non rientravano (e non rientrano) nelle categorie a rischio, da vaccinare subito.

Le polemiche

Una questione che, dunque, ha generato polemiche, compresi messaggi da parte di altri studenti arrabbiati per lo speciale trattamento. «Perché voi sì e io no? Quale criterio hanno usato per scegliere voi? Questo ci hanno detto alcuni studenti», ci dice Alessio, uno dei ragazzi che, insieme a Maurizio, è stato sottoposto al vaccino. Insomma, non l’hanno presa benissimo anche se in molti – ci confidano – «ancora oggi continuano a tirarsi indietro, ad avere qualche dubbio sui vaccini». Ed è proprio su questo che si concentrava la campagna di sensibilizzazione dell’Università: scoraggiare i più scettici. Ma era proprio necessario rinunciare a 6 dosi?

I controlli del Nas sui furbetti

Tutti e sei i ragazzi – è bene sottolinearlo – sono stati sottoposti anche alla seconda dose a metà gennaio. Alessio, ci dice, non ha avuto particolari effetti collaterali se non una banale «nausea a seguito della seconda dose» mentre Maurizio «nessun problema». «Continuo a usare le mascherine e a stare a casa, ho genitori anziani che ho il dovere di tutelare. Chiaramente avrei preferito che si vaccinassero loro anziché io, ma a me è stato proposto ed ho accettato, tutto qui», ci spiega.

In altre parole, se avesse saputo che le dosi avrebbero cominciato a scarseggiare, avrebbe detto di no: «Voleva essere un bel gesto e comunque i conti non dovevamo farli noi. Piuttosto vanno condannati i furbetti, gli amici di, i figli di. Quelli sì». E dice bene visto che, come emerso in questi giorni, su 540 dosi sotto osservazione in Italia, ben 497 sono state fatte in Sicilia, spiega il vicepresidente della Commissione Sanità all’Ars Carmelo Pullara parlando degli ultimi controlli effettuati dai Nas. Tra i furbetti figurano commercialisti, sindaci, politici e manager.

373mila persone (non medici o infermieri) vaccinate in Italia

Il monitoraggio Gimbe ha lanciato l’allarme: troppe le dosi somministrate al personale non sanitario (fatto che aveva denunciato anche il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, intervistato da Open). Il caso più clamoroso resta quello della Lombardia al 51 per cento di personale non sanitario sottoposto alla vaccinazione. In Sicilia è al 18 per cento con un risicato 4 per cento di ospiti delle Rsa. Nell’isola (stando ai dati del 29 gennaio ore 8:02) sono 137.156 le dosi somministrate su 201.115 consegnate. In percentuale si tratta del 68,2 per cento di somministrazioni. Infine si segnala che, a livello nazionale, la fascia 20-29 conta 170.579 vaccinati e 1.458 nella fascia 16-19. Il personale non sanitario vaccinato in Italia è arrivato a quota 373.575.

Foto in copertina da Facebook

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