Coronavirus, il fallimento geopolitico dell’Ue nei Balcani occidentali e la strategia della Serbia: vaccini da Cina e Russia
Mentre l’Unione europea è persa in una spirale di polemiche a causa di una gestione dell’acquisto dei vaccini anti Coronavirus che procede a rilento tra sospetti, accuse reciproche con le case farmaceutiche, scaricabarile tra istituzioni e decisioni poco trasparenti, all’interno del continente c’è un Paese non del tutto allineato al sistema occidentale che ha raggiunto il più alto tasso di vaccinazioni pro capite dell’Europa continentale: si tratta della Serbia, uno dei principali Paesi dei Balcani, che è arrivata a inoculare 6,7 dosi ogni 100 persone, per un totale di 473.000 persone (su 7 milioni di abitanti) raggiunte dalla prima iniezione.
La Serbia ha lo status di Paese candidato all’ingresso nell’Ue, ma a differenza degli altri Paesi balcanici non ha una posizione del tutto filo-occidentale. La storia e l’identità culturale dei serbi è profondamente legata alla Russia, se pur con una forte desiderio di esclusività e indipendenza. Belgrado non fa parte della Nato e non intende entrarci, pur cooperando con l’alleanza.
La strategia della Serbia
Il governo serbo si è rivolto allo stesso modo tanto all’Europa e all’America quanto alla Russia e alla Cina, diventando – vista la prontezza di Pechino – il primo paese europeo a utilizzare il vaccino offerto dalla cinese Sinopharm. Così facendo, la Serbia ha ricevuto più di 1 milione di dosi di vaccino cinese, e un altro milione dovrebbe arrivare entro inizio marzo. Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha spiegato la sua scelta paragonando il mondo alle prese con il Covid-19 al Titanic colpito dall’iceberg. Vucic ha detto che sul Titanic che affonda, i ricchi (ovvero gli occidentali) pensano a salvare prima loro stessi e i loro cari e, anche senza volerlo, non sono particolarmente interessati a salvare anche i poveri (i serbi, i balcanici).
Tuttavia, vale la pena specificarlo, la Serbia dispone di tre tipi di vaccino: il cinese Sinopharm, il russo Sputnik V e l’americano-tedesco Pfizer/BioNTech. Non c’è una preclusione, ma al contrario la massima apertura. Vucic ha detto che lui si vaccinerà con il Sinopharm (il vaccino più disponibile e utilizzato), ma attenderà che arrivi il suo turno dopo le categorie prioritarie.
Belgrado fa scuola, e allarga la sua influenza (e quella cinese). Nonostante l’Ue abbia fornito 70 milioni di euro per l’acquisto di vaccini ai sei Paesi balcanici candidati all’ingresso nell’Unione (Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia, Kosovo, Albania), i problemi nelle forniture comunitarie significano che quattro di loro devono ancora ricevere le prime dosi. Vista la situazione, adesso i Paesi vicini vogliono seguire l’esempio serbo e guardare alla Russia e alla Cina. Nel frattempo, è la stessa Serbia ad aver promesso donazioni di vaccini a Kosovo e Bosnia-Erzegovina.
Se Europa e Stati Uniti continueranno a restare assenti, perderanno credibilità nella regione permettendo a Russia e Cina di sfruttare la situazione. Belgrado ha sempre portato avanti strette relazioni con Mosca e Pechino in parallelo al processo di adesione all’Ue, innervosendo Washington e Bruxelles. L’approccio geopolitico serbo sta guadagnando terreno tra gli Stati balcanici che avevano riposto fiducia nell’assistenza dell’Ue. Kosovo e Bosnia-Erzegovina, così come i membri della NATO, Macedonia del Nord e Montenegro, non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose. Ora i funzionari di Skopje e Podgorica annunciano che si rivolgeranno a Russia e Cina.
L’Ue ha abbandonato i Paesi balcanici
Per questi governi optare per i vaccini occidentali era anche un modo di dimostrare da che parte vogliono stare, inizialmente avevano completamente escluso la possibilità di rivolgersi a russi e cinesi. Adesso però per i governi è impossibile dire all’opinione pubblica di aspettare l’esito dei litigi a Bruxelles e le decisioni aziendali di Moderna, Pfizer e AstraZeneca. Tra l’altro, oltre alla Serbia, a usare vaccini russi e cinesi c’è anche l’Ungheria, mentre nemmeno la Germania esclude l’utilizzo del vaccino russo Sputnik V, prima ridicolizzato e ora giudicato valido anche dalla prestigiosa rivista The Lancet.
Il ministro della Salute del Montenegro, Jelena Borovinic Bojovic, ha detto di aver firmato un contratto per 150.000 dosi di vaccino cinese, e cercherà di averne altre 50.000 di vaccino Sputnik russo. Il governo bosniaco ha dichiarato a metà gennaio che avrebbe avviato i negoziati anche con Mosca e Pechino, oltre che con Pfizer/BioNTech. Entrambi i paesi stavano aspettando i rifornimenti promessi dallo schema internazionale Covax per fornire i vaccini anche ai paesi più poveri, ma ancora non si è visto niente.
L’Ue quindi non è riuscita neanche ad inviare dosi simboliche ai suoi aspiranti Stati membri. Sicuramente non si aspettavano di ricevere vaccino come e contemporaneamente ai 27 Stati membri dell’Unione, ma almeno si aspettavano attenzione, solidarietà, e una tempistica chiara: non di ritrovarsi completamente abbandonati.
Il caso dell’Albania
La sfiducia storica degli albanesi verso i regimi autoritari di Russia e Cina è più forte della delusione verso l’Europa occidentale. L’Albania ha nella memoria una delle dittature più repressive del continente, che per molti anni era stata sostenuta direttamente Pechino. Il primo ministro Edi Rama, che in Italia conosciamo bene, ha quindi ribadito che nonostante tutto eviterà di rivolgersi a russi o cinesi. Tuttavia, parlando al Financial Times, Rama si è detto deluso dal fatto che il suo Paese non abbia ricevuto dall’Ue neanche un carico di dosi di vaccino simbolico.
L’Albania prevede di iniziare a vaccinare gli operatori sanitari la prossima settimana, con un lotto di 970 dosi di vaccini Pfizer/BioNTech donati da un Paese europeo rimasto anonimo. Rama ha detto di essere molto sorpreso dal modo in cui l’Ue sta trattando la questione vaccini «il danno che sta facendo a se stessa è incredibile», ha detto.
La vittoria geopolitica della Cina
Fornire vaccini alla Serbia e agli altri Paesi dei Balcani “abbandonati” dall’Ue è un’importante vittoria geopolitica soprattutto per la Cina, in quanto dovrà affrontare il sino-scetticismo europeo e l’ostilità americana anche con il nuovo presidente, Joe Biden. Negli ultimi anni la Cina ha concentrato gli investimenti sulle infrastrutture nei Balcani occidentali attraverso la sua Belt and Road Initiative, compreso il collegamento ferroviario tra Belgrado e Budapest in Ungheria.
Nonostante l’importanza strategica delle nazioni balcaniche, Washington e Bruxelles le hanno trascurate in un momento decisivo, riaprendo la competizione in quella che è la regione più complicata d’Europa, lacerata da una storia recente di guerre etniche sanguinose che hanno lasciato sul terreno un panorama politico fatto di stati-nazione piccoli, poveri, poco coesi e difficili da integrare nel progetto comunitario.
Lapidario il commento del presidente serbo Vucic: «Le persone nell’Ue sono brave persone, ma fortunatamente avevo abbastanza esperienza e conoscenza per presumere che sarebbe andata così. Questa è una guerra per la vita delle persone, ma anche per il futuro di ogni Paese dei Balcani occidentali».
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