Coronavirus, l’attesa dei vaccini nelle residenze per disabili: «È l’unico modo per tornare a vedere mia figlia» – L’intervista
Se si cerca la parola “disabilità” nel piano strategico vaccini contro il Coronavirus, aggiornato al 12 dicembre scorso e scaricabile dal sito della campagna di vaccinazione, non si ha fortuna. «In questa pandemia l’esclusione delle Rsd (residenze sanitarie per disabili, ndr) dal piano vaccini è l’ultima e più grave delle dimostrazioni di disinteresse verso il nostro disagio», attaccava a fine gennaio Antonio Massacci presidente nelle Marche di un’associazione, l’Anffas, che riunisce le famiglie di disabili intellettivi. Su e giù per lo Stivale, le residenze dove vivono disabili gravi sono state chiuse e le visite degli esterni sospese. «Le porte chiuse esistono solo a tutela delle persone», spiega a Open Debora Diodati, presidente della Croce Rossa Roma.
Il comitato della CRI della Capitale gestisce il CEM, una struttura di riabilitazione attiva in convenzione con il Sistema Sanitario Regionale. Nel corso del primo lockdown «le visite sono state sospese da un momento all’altro», ricorda Maria Cidoni, mamma di Barbara, che al Cem vive da quasi 50 anni. Poi, con lo spegnersi della prima ondata, genitori e famiglie hanno potuto rivedere i loro cari. «Ma solo all’aperto e anche sotto sorveglianza per accertarsi che non li toccassimo e non passassimo loro alcun virus», chiosa Cidoni. «Ora, con l’aumento dei contagi, le visite sono state nuovamente sospese», conferma Diodati. «A tutela delle persone che qui vivono».
La campagna vaccinale e le persone con disabilità
Il turno delle persone disabili e dei loro accompagnatori, spiegava a metà gennaio il commissario all’emergenza Domenico Arcuri, arriva ora: la somministrazione nel loro caso dovrebbe andare di pari passo con la vaccinazione degli over 80. Si attende (ancora) un annunciato (a metà gennaio – quando hanno cominciato ad arrivare i primi allarmi sulle promesse di forniture di vaccini non rispettate – da Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione presso il ministero della Salute) nuovo documento «che classifica le varie categorie di popolazione». Una fase 2 che «valuta anche la numerosità delle diverse fasce, ma si deve evitare una guerra tra categorie. Le priorità saranno basate sul rischio». E nel frattempo si va in ordine sparso.
Per la Lombardia, per esempio, come annunciato qualche giorno fa dalla neo assessora regionale alla Salute Letizia Moratti, la cosiddetta fase 1 bis prenderà il via il 10 febbraio e riguarderà anche le Rsd, le residenzialità psichiatriche, l’assistenza domiciliare e i suoi operatori, i centri diurni delle Rsa, i farmacisti, i dentisti e la sanità militare. Nel Lazio il vaccino anti-Covid verrà somministrato a partire dall’8 febbraio – è attiva da qualche giorno, non senza tilt di sistema, la procedura di prenotazione. Ma sui centri per disabili si attendono le indicazioni delle priorità dal ministero.
Il Cem di Roma e la storia di Maria e Barbara
Al Cem di Roma le vaccinazioni sono cominciate alla fine il 1 febbraio, racconta ancora Maria. Prima erano state annunciate per il 20 gennaio, salvo poi essere posticipate, dice. 81 anni, Maria Cidoni è un vero e proprio vulcano da sempre in prima fila per i diritti di chi al Cem vive, una guerriera in lotta per il benessere di sua figlia, una mamma che non si è mai tirata indietro a raccontare la sua storia. A novembre saranno 50 anni che Barbara vive qui, dice Maria. «Da quando aveva 4 anni e mezzo». Sua figlia ha due case: “casa Roma”, ovvero il Cem, e “casa Ostia”, quella con la sua famiglia. Lì dove prima della pandemia poteva tornare e che ora non vede più da mesi, con una piccola eccezione natalizia di 48 ore. Cerebrolesa da forcipe, per sua mamma all’epoca quella del Cem era l’unica realtà che avrebbe permesso a Barbara «di non morire». E «le avrebbe dato quello che io non avrei potuto darle per non farla vivere da vegetale», racconta Maria a Open.
Anche se le visite ora sono sospese, viene al Cem almeno due volte alla settimana per il cambio abiti di Barbara. «Porto via quelli sporchi e glieli riporto puliti e con il profumo di casa», dice. Può vedere Barbara solo in videochiamata. E spera che il vaccino, finalmente, li liberi. L’obiettivo, spiega Debora Diodati dalla Cri Roma, è quello di rendere il Cem un posto sicuro, vaccinando tutte le persone che qui vivono e lavorano nonché i parenti. Per ricominciare una vita normale. «Abbiamo ricevuto indicazioni dalla Regione e dalla Asl Roma 3 già da metà dicembre», spiega Diodati.
Si è cominciato ora con gli ospiti “residenziali” – chi, come Barbara, al Cem vive – e parte del personale sanitario. «A breve sarà possibile vaccinare anche i semiresidenziali (persone disabili che qui vengono solo in fascia “diurna” per fare riabilitazione, ndr)», nonché il resto del personale sanitario. Il vaccino non è obbligatorio, «ed è stata fatta una campagna informativa che per fortuna alla fine ha trovato l’adesione di tutte e tutti», dice la presidente. Non solo: la Asl – conferma anche la stessa Maria – ha dato disponibilità pure alla vaccinazione dei famigliari dei “ragazzi del Cem”.
Ma ci sono altri centri – non solo nel Lazio – dove dopo alcune prime comunicazioni alle famiglie a metà gennaio sull’arrivo del vaccino, non c’è stato poi ancora un seguito. E le Rsd, avvertono molte associazioni del settore, sono prioritarie. Non solo perché potenziali luoghi di facili focolai, ma perché – lo testimonia anche Maria – insieme alla carenza di operatori e di assistenza acuita dalla pandemia, la chiusura alle visite esterne può rappresentare un problema sociale e psicologico per molte persone con disabilità gravi, da un punto di vista emotivo e di salute. Da novembre chiediamo la riapertura di Rsa e Rsd, spiega Antonio Burattini, presidente del comitato Anchise (Comitato Nazionale Famiglie RSA e RSD), «ai parenti di chi sta soffrendo la solitudine e ha – con ogni probabilità – il dubbio dell’abbandono».
Foto in copertina Cem Croce Rossa
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