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Nei Paesi poveri solo una persona su 10 sarà vaccinata contro il Covid-19 entro il 2021. L’appello delle Ong per rendere pubblici i brevetti

07 Febbraio 2021 - 17:56 Giada Ferraglioni
I 50 Paesi più ricchi del mondo hanno acquistato il 60% delle dosi disponibili di Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Se non si aumentano i produttori, a farne le spese saranno le aree in via di sviluppo

Il nazionalismo dei vaccini danneggia tutti e non protegge nessuno. Si intitola così un intervento firmato da Tedros Adhanom Ghebreyesus, numero uno dell’Organizzazione mondiale della sanità, uscito su Foreign Policy lo scorso 2 febbraio. Il comportamento delle grandi aziende farmaceutiche – su tutte Pfizer, Moderna e AstraZeneca – sta sollevando un dibattito di tiratura internazionale sul modo in cui stiamo partecipando alla corsa verso l’immunità di gregge contro il Coronavirus. Nonostante i finanziamenti per i vaccini anti Covid siano pubblici, i brevetti per la loro produzione restano privati. Così facendo, la coperta vaccinale rischia di rimanere troppo corta: a farne le spese sarebbero, ça va sans dire, i Paesi in via di sviluppo. Oltre alla questione morale, a dover essere indagata è quella relativa all’efficacia del metodo: secretare le licenze è davvero la strada giusta per immunizzare la maggior parte della popolazione mondiale? Secondo molte Ong e organizzazioni civili, la risposta è no.

I numeri delle Big Three

Come ha sottolineato l’Oxfam – la confederazione internazionale di organizzazioni non profit che lavora per ridurre la povertà a livello globale – affidare solo alle tre aziende di Big Pharma (quelle, cioè, che hanno già visto approvato il siero) l’attuale produzione delle dosi, non è la strategia migliore per raggiungere l’obiettivo. Secondo quanto dichiarato da Pfizer, Moderna e AstraZeneca, queste tre case farmaceutiche da sole hanno in programma di produrre entro la fine dell’anno dosi sufficienti per vaccinare circa un terzo della popolazione mondiale. In realtà, però, le proporzioni ci restituiscono un quadro ben diverso: poiché i paesi ricchi hanno acquistato molte più dosi di quante non ne servano per vaccinare i loro abitanti, la cifra reale della popolazione mondiale coperta è molto inferiore.

Stando ai dati dell’Oms, i paesi ricchi – che ospitano appena il 16% della popolazione mondiale – hanno acquistato oltre il 60% della fornitura complessiva dei vaccini. E mentre questi Paesi mirano a vaccinare il 70% della loro popolazione entro l’estate (Ursula von der Leyen dixit), il piano Covax fatica ad arrivare a una fornitura che garantisca almeno una copertura del 20% della restante popolazione mondiale entro la fine dell’anno.

Molti miliardi pubblici, pochi accordi

I clienti preferiti di Big Pharma sono i Paesi che possono avanzare la migliore offerta. Solo AstraZeneca per ora ha stretto abbastanza accordi con le aree in via di sviluppo, mentre le restanti due si sono organizzate principalmente con i Paesi ricchi (Usa, Ue, Regno Unito, Emirati Arabi). In un comunicato dell’ottobre 2020, Moderna aveva annunciato di non essere intenzionata a citare in giudizio i concorrenti che produrranno vaccini basati sulla tecnologia mRNA durante il periodo dell’emergenza. Attualmente, però, non ha stilato accordi con nessun altro produttore. Nemmeno con la danese Bavarian Nordic, rimasta inascoltata dopo che la scorsa settimana si era offerta di produrre 240 milioni di dosi nella sua fabbrica.

L’unica ad essersi mossa è stata Pfizer, che ha allargato la produzione anche a Sanofi – dopo che la distribuzione della casa farmaceutica francese e del suo partner britannico GlaxoSmithKlin è stata rimandata alla fine del 2021. Sanofi produrrà 125 milioni di dosi del vaccino BioNTech, ma, come sottolineato dall’Oxfam, è solo «una goccia nell’oceano» rispetto alla scala del bisogno. Molto probabilmente, infatti, l’aumento produttivo andrà a beneficio solo dei paesi appartenenti all’Unione europea.

Su quanti siano i finanziamenti pubblici in gioco non si hanno dati certi: secondo Bloomberg, Big Pharma ha ricevuto oltre 20 miliardi di dollari solo dall’Unione europea, e per Lois Chingandu, direttrice dell’Ong Frontline AIDS, ci sono in ballo in totale 100 miliardi di dollari. Inoltre, sempre secondo Chingandu, in un solo anno Pfizer, Moderna e AstraZeneca sono destinate a registrare entrate economiche del valore pari a oltre 30 miliardi di dollari.

I dati sui vaccini nei paesi più poveri

A monitorare la situazione è la People’s Vaccine Alliance, una coalizione di organizzazioni no profit unite nella volontà di rendere un bene veramente pubblico il prodotto finanziato con i soldi dei contribuenti. Secondo un report stilato già a dicembre – cioè prima ancora del V-Day europeo – se non si abbandona la strada dei brevetti e dei profitti sulla pandemia, in molti Paesi in via di sviluppo solo una persona su 10 riceverà la dose. Il 90% della popolazione più povera, quindi, rimarrà senza copertura vaccinale contro il Coronavirus nel 2021.

Guardando le percentuali raccolte dal tracker di Bloomberg, al 6 febbraio solo il 4% delle vaccinazioni totali è stato effettuato nei paesi in via di sviluppo (la maggior parte in India, grazie all’attività del Serum Institute in collaborazione con AstraZeneca e Novavax). Tra i paesi più poveri del mondo, solo la Guinea è riuscita a vaccinare un numero pari a 55 persone. «I paesi ricchi hanno acquistato dosi sufficienti per vaccinare le loro popolazioni tre volte – scrivono dall’Oxfam- , lasciando i paesi in via di sviluppo a competere per gli avanzi».

Per quanto riguarda l’Africa in generale, il progetto Covax ha assicurato al continente almeno 600 milioni di dosi entro la fine del 2021. Secondo il presidente sudafricano e dell’Unione Africana, Cyril Ramaphosa, il numero sarà sufficiente solo per vaccinare gli operatori sanitari. Ma non serve arrivare troppo lontano per notare il «fallimento morale catastrofico»: l’Ue non è riuscita a inviare nemmeno alcune dosi simboliche ai suoi aspiranti Stati membri nei Balcani. Un vuoto che, molto probabilmente, verrà colmato dai produttori cinesi e russi, come già accaduto in Asia, in America Latina, in Turchia e nello stesso continente africano. A oggi, sono più di 20 i Paesi ad aver firmato accordi con Pechino.

Solo in India esistono almeno altri 20 produttori che, se avessero la licenza e fossero in possesso del know-how, sarebbero in grado di realizzare e distribuire i vaccini, arricchendo enormemente la somma di dosi prodotte e distribuibili in diverse parti del mondo. Secondo i dati dell’Unicef, solo il 43% della capacità dichiarata di produzione nel mondo è attualmente in funzione per produrre i vaccini approvati.

Immagine di copertina: EPA/DIVYAKANT SOLANKI

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