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Candiani (Lega): «Con quel programma il Pd tradisce l’appello di Mattarella: Zingaretti punta a dividerci» – L’intervista

08 Febbraio 2021 - 07:26 Felice Florio
Già al governo nel Conte I come sottosegretario all'Interno, il senatore leghista accusa i Dem di aver preparato un «programma per dividere», e sostiene che Draghi riterrà la proposta «non in linea con le richieste di Mattarella»

Mentre scorre la bozza del programma che il Partito democratico consegnerà, il 9 febbraio, al presidente incaricato Mario Draghi, il senatore Stefano Candiani resta sospeso tra l’incredulità e lo sconforto: «Nel testo ci sono attacchi diretti a Salvini, alcuni punti sono fatti ad hoc per essere divisivi. Se il Pd non fa alcun sacrificio, com’è possibile andare d’accordo con Zingaretti?». Sottosegretario al ministero dell’Interno del governo Conte uno, quando al Viminale c’era Salvini, Candiani scommette sul fatto che Draghi: «farà notare che è una proposta non in linea con le richieste del capo dello Stato».

Anche il premier Giuseppe Conte, intervenuto durante l’assemblea del Movimento 5 stelle la notte del 7 febbraio, ha esplicitato la strategia per mettere fuori dai giochi la Lega: «Si cercherà di porre condizioni tali che alcuni soggetti non potranno più rimanere al tavolo. Ma noi, invece, al tavolo dobbiamo rimanere perché dobbiamo dare una prospettiva al paese». D’altro canto, se la tattica di Pd e 5 stelle, basata sull’elaborazione di un programma indigesto alla Lega, non troverà una sponda nelle scelte di Draghi, allora dovrebbe essere Leu a sfilarsi dalla maggioranza.

Senatore, partiamo dal suo partito. Come spiega la giravolta della Lega, passata dal ritorno alle urne a forza politica che offre il suo sostegno per la stabilità?

«La gente pretende risposte serie a problemi reali che non sono più tollerabili. A distanza di un anno, sappiamo cosa bisogna fare per convivere in sicurezza con il Covid. Nonostante ciò, il governo Conte due ha continuato a operare fino all’ultimo come se l’emergenza fosse diventata la normalità. Il presidente della Repubblica ha chiesto alle forze parlamentari di collaborare per tirare su il Paese come se ci trovassimo nel secondo dopoguerra. Deve esserci uno spirito di profonda collaborazione: chi lo tradisce, tradisce il mandato del presidente della Repubblica».

A chi si riferisce?

«Per aiutare il presidente incaricato Draghi a fare un lavoro di sintesi tra le varie forze politiche, bisogna presentare pochi punti precisi, con un orizzonte temporale vicino, limitato all’uscita dalla crisi economica e sanitaria. Quando leggo il programma che il Partito democratico vorrebbe presentare a Draghi, non ravviso lo spirito a cui si è appellato il presidente della Repubblica. Quando il Pd vincerà le elezioni, allora potrà realizzare un programma di quel tipo, vasto e pieno di istanze che stridono con le sensibilità delle altre forze politiche. Il governo Draghi, invece, ha l’ambizione di non essere di parte. Se il Pd non fa alcun sacrificio, com’è possibile andare d’accordo con Zingaretti? Stanno scrivendo un documento strumentale a dividerci».

Teme che Draghi possa fare proprie quelle proposte, costringendo di fatto la Lega a non far parte della maggioranza?

«In quella bozza ci sono attacchi diretti a Salvini, definiscono i decreti del governo Conte uno “meschini”: è fatto per provocare e vedrete, lo stesso Draghi farà notare che è una proposta non in linea con le richieste del capo dello Stato. È imbarazzante che chi si proclama forza di governo, responsabile ed europeista si ostini a cercare punti di rottura piuttosto che di convergenza. Mattarella ci ha chiesto di trovare delle uguaglianze, il Pd esalta le differenze. Quello che proponiamo noi della Lega è di iniziare dalle cose semplici e urgenti da fare per risolvere la crisi sanitaria ed economica. È normale che le differenze, dopo un po’ di tempo, emergeranno e allora bisognerà tornare alle urne».

Concretamente, voi quali proposte farete a Draghi?

«Parleremo delle regole per far ripartire l’economia. Ci siamo avvalsi per anni di strumenti inadeguati per spendere o spendere bene i fondi europei: bisogna partire da quello. I punti sollevati dal Pd, invece, sono elementi finalizzati a dividerci, una tattica squisitamente politica. Ma dovrebbero rendersi conto che siamo arrivati al 90′ minuto della partita contro il Covid e non è il momento di mettersi fare tattiche di gioco».

Il Movimento 5 stelle sta facendo, secondo lei, meno ostruzionismo alla Lega?

«Anche i 5 stelle devono farsene una ragione: l’interesse partitico vale meno dell’interesse del Paese. Stiamo vivendo un momento di igiene politica, in cui escono allo scoperto quei soggetti che fanno interessi di parte ed emerge chi è disposto a mettere da parte il proprio interesse per quello del Paese».

Fratelli d’Italia, tuttavia, ha scelto di opporsi al governo che voi vi candidate a sostenere. Secondo il suo ragionamento, anche in questo caso non è stato fatto l’interesse del Paese.

«Ovvio che la penso diversamente da Fratelli d’Italia. Restare all’opposizione, per loro, è più consono alla linea politica del partito. Il centrodestra si è separato più volte nel corso della sua storia e poi si è sempre riunito. Fratelli d’Italia ha un’impostazione differente, ma coerente. Più che dalla posizione di Fratelli d’Italia, però, sono infastidito dalla posizione del Pd: Meloni è coerente, Zingaretti aderisce formalmente alla retorica dell’unità, della responsabilità, ma sostanzialmente punta a dividere».

Però lei dice che sarà un governo a scadenza. Perché non farlo durare per tutta la legislatura se ravvisa le possibilità di fare bene?

«Osservo, semplicemente, i presupposti. Ci sono delle divergenze di fondo che, più si andrà avanti, più si acuiranno. Torneranno a galla le identità dei diversi partiti e toccherà presentarsi agli elettori: bisogna avere il loro consenso per governare pienamente. Poi, lo stesso presidente della Repubblica ha dato al governo Draghi la missione di tirare il Paese fuori dalle secche. E basta».

Per uscire dalla crisi c’è bisogno dell’Europa. Cosa è cambiato da quando alcuni suoi colleghi di partito indossavano le magliette “no euro”?

«La questione europeisti contro anti-europeisti è la mia preferita. Credo che sia stata una narrazione ossequiosa nei confronti del Pd a portare i media a creare queste due categorie manichee: basta fare una critica di come funziona l’Europa che sei iscritto all’elenco degli anti-europeisti. Ma santo cielo, se dico che l’Europa si è sclerotizzata nella burocrazia non vuol dire che non ne riconosco l’importanza. Criticare il sistema per cui salame e formaggio devono essere etichettati come alimenti poco sani fa di me un anti-europeista? L’Europa è più importante di un salame. Se andiamo a guardare la storia della Lega…».

Candiani apre un cassetto della sua scrivania e inizia a tirare fuori le tessere dal 1993 in poi. Legge ciò che c’è scritto su quella del ’97, «Repubblica federale padana», poi quella del 2000, «Cuore, nazione e libertà», e riprende l’intervista: «In quel periodo lì, la Lega ha vissuto una fase profondamente europeista. Il partito era collegato con gli altri partiti europei che esprimevano posizioni simili alla nostra, fortemente regionalisti. La Lega era per l’Europa federale, un’Europa che rispetta i popoli e le regioni, un’Europa che nasce per impedire le guerre tra i suoi Stati».

Perché poi avete iniziato ad attaccare quell’Europa che lei sostiene rientrare nella base valoriale della Lega?

«Quell’Europa lì è stata dimenticata e, guardi bene, non è segno di intelligenza accettare pedissequamente ogni cosa. La Lega è ancora oggi convintamente ancorata all’Europa di Schuman, Adenauer, De Gasperi. Siamo critici verso un’Europa che ha perso l’impostazione originaria ed è diventata tecnocratica. Vogliamo ripartire dai principi dei padri fondatori per restituire all’Europa delle sane basi democratiche. Immagino un’Europa dove i cittadini possano scegliersi il proprio governo, non con una Commissione nominata dai governi nazionali».

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