Vaccini, infuria lo scontro fra Lombardia e governo: Speranza blocca l’esame del piano di Bertolaso. La replica: «Siamo alla follia»
Il ministero della Salute ha deciso di stoppare la valutazione, prevista per oggi da parte del Cts, del piano vaccinale di massa anti-Coronavirus firmato da Guido Bertolaso per conto di Regione Lombardia. Una scelta che persone vicine all’ex capo della Protezione civile e attuale consulente del Pirellone non esitano a definire incomprensibile: «Fino a ieri tutti scrivevano che il piano vaccini della Lombardia non esisteva. Non solo esiste, ma tutti i dirigenti della Regione lo hanno visto. Ieri è stato inviato per correttezza al Cts in versione riservata, domani verrà presentato ai sindaci (la presentazione avverrà l’11 febbraio, il 10 si sono insediati i tavoli operativi, ndr) e la prossima settimana alla stampa. Ora però anche noi vogliamo capire cosa fare. Che stiamo aspettando, il parere del Covid-19? Siamo alla follia». Sul perché l’esame del piano sia stato stoppato, l’unica ipotesi che viene avanzata è di natura politica: «Vogliamo continuare su una linea di contrapposizione tra governo e Regione? È assurdo, ma viene da pensare questo».
Sul punto è intervenuto direttamente anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana: «Trovo incredibile che il ministero della Salute abbia deciso di bloccare la valutazione del piano. Era stato inviato ieri, da me e dalla vicepresidente Letizia Moratti, come contributo alla discussione da proporre anche a livello nazionale, visto che si propone di vaccinare 10 milioni di italiani residenti in Lombardia, un sesto dell’intera popolazione. Riteniamo che il piano vaccinale sia una priorità per tutto il Paese e che non debba sottostare a logiche di parte».
Cosa prevede il piano lombardo sui vaccini
Fonti della Regione hanno spiegato a Open che si tratta sostanzialmente di un «modello organizzativo» basato sulla sperimentazione andata in scena nei giorni scorsi alla Fiera di Milano, con l’indicazione di «flussi e tempi da replicare in base alle esigenze del territorio». Insomma, un «documento di metodo che volevamo venisse valutato oggi dal Cts e che abbiamo inviato direttamente al suo coordinatore, Agostino Miozzo, il quale tra l’altro ha sempre collaborato con il dottor Bertolaso». Bertolaso stesso aveva parlato di un cronometraggio dei tempi necessari per ogni singola somministrazione, con cui arrivare a determinare il totale delle vaccinazioni che è possibile effettuare nell’arco di una singola giornata.
Oggi però, per il Pirellone, è arrivata la doccia fredda. Il ministero della Salute ha fatto sapere che il piano vaccini ha «valenza nazionale» e dunque che «ogni atto delle singole Regioni diretto a intervenire sulla materia può essere valutato dal ministro della Salute in ragione della necessità di azioni coordinate e omogenee su tutto il territorio nazionale». Il ministero ha sottolineato la necessità di un «raccordo», promettendo comunque un esame «rapido e costruttivo» del piano, purché questo risulti «in linea con le indicazioni del piano nazionale».
Lo scontro sul personale per accelerare le vaccinazioni
Lo scontro tra governo e Regione Lombardia arriva a meno di 24 ore di distanza da un altro duro botta e risposta tra la vicepresidente Moratti e il commissario straordinario Domenico Arcuri. Perché da chiarire non ci sono soltanto modi e tempi di somministrazione dei vaccini, ma anche i numeri sul personale sanitario che dovrebbe occuparsene e sulle dosi effettivamente disponibili. La direzione generale Welfare del Pirellone ha comunicato che i dettagli sul piano vaccinale per gli over 80 saranno diffusi giovedì 11 febbraio. Per ora, di sicuro, c’è soltanto un deficit di medici e infermieri.
«Arcuri ha previsto l’arrivo in Lombardia di personale sanitario di supporto, ma ad oggi nessuno si è visto», ha denunciato ieri Moratti. Immediata la replica della struttura commissariale: «Il personale aggiuntivo già selezionato e destinato alla Lombardia» ammonta a «229 fra medici, infermieri e assistenti sanitari». Ma di questi «soltanto 4 hanno già potuto entrare in servizio presso l’Ats di Pavia, tutti gli altri sono infatti in attesa, ormai da diversi giorni, delle necessarie visite mediche da parte delle Ats regionali».
Moratti ha controreplicato che il fabbisogno di personale aggiuntivo per la Lombardia «era di oltre 1.000 operatori» e che di questi ne sono stati assegnati «460 tra medici, infermieri e assistenti sanitari». Mentre i 229 citati dal commissario sono quelli effettivamente «selezionati dalla società interinale ManPower», che rappresentano quindi «circa la metà dell’assegnato e meno di un quarto del fabbisogno». La maggior parte dei selezionati, inoltre, avrebbe successivamente «rifiutato la destinazione assegnata e il numero si è dunque notevolmente ridotto».
Chi ha ragione?
Il rimpallo di responsabilità è evidente, ma chi ha ragione? Il bando di Arcuri pubblicato a dicembre 2020 per trovare 3 mila medici e 12 mila infermieri vaccinatori si rivolgeva a liberi professionisti e personale in pensione. Era richiesta la laurea e l’iscrizione all’Albo professionale. Ad assumere, però, non sono direttamente le aziende sanitarie, bensì le cinque agenzie interinali che si sono aggiudicate l’appalto:
- Manpower per Lombardia, Emilia Romagna, Sardegna, Umbria e Valle d’Aosta
- Randstad per Lazio, Piemonte, Liguria e provincia di Trento
- Gi Group per Campania, Puglia, Marche e Basilicata
- Umana-Synergie per Sicilia, Toscana, Abruzzo e provincia di Bolzano
- Etjca-Orienta per Veneto, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Molise
Una procedura che, secondo Danilo Mazzacane, segretario generale della Cisl Medici Lombardia, è a dir poco macchinosa: «Forse sarebbe stato meglio far fare il reclutamento direttamente alle Ats anziché passare dalle agenzie interinali. Secondo me è stato un errore. Sono tutte agenzie di spessore e bravissime per altri tipi di lavori, ma non conoscono bene il quadro della sanità. Se le Ats avessero fatto direttamente le assunzioni, si sarebbero accorciati i tempi e i passaggi burocratici, senza nulla togliere alle agenzie interinali».
Per Mazzacane, inoltre, la scelta più logica avrebbe dovuto indirizzarsi sul reclutamento di medici in pensione, che possono lavorare come liberi professionisti: «Poi se qualcuno è disponibile a farlo gratis, ben venga». Adesso «mi sembra difficile dare la colpa alle Ats, che sono “affamate” di personale, parlando di attesa per le visite mediche».
Gli operatori reclutati da ManPower per l’Ats metropolitana di Milano
Open può infine fare chiarezza sul numero di operatori individuati da ManPower per quanto riguarda l’Ats della Città Metropolitana di Milano, la più grande delle otto lombarde. Dai numeri emerge chiaramente la discrepanza tra la quota di medici, infermieri e assistenti sanitari assegnati a ciascuna Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) – quota già di per sé inferiore al fabbisogno, secondo la Regione – e quelli effettivamente reperiti tramite il bando della struttura commissariale guidata da Arcuri. Su un totale di 180 persone assegnate all’Ats di Milano, ManPower finora ne ha trovate infatti solo 78. E di queste 78, soltanto 67 hanno accettato la destinazione proposta e il trattamento economico offerto. Uno scarto di 113 unità.
Da notare anche le date: le varie Asst hanno mandato i loro riparti a ManPower il 25 gennaio. Il 30 gennaio è arrivata la risposta da parte dell’agenzia e al 9 di febbraio risultano avere la visita medica programmata 48 medici, 11 infermieri e due assistenti sanitari. Ovvero 61 persone sulle 67 che hanno accettato l’incarico, mentre le altre sei l’hanno già fatta. Ma non è finita qui. Perché una volta superata la visita medica, il personale è tenuto a compiere un ulteriore passaggio prima di poter prendere effettivamente servizio. Deve infatti tornare in ManPower e firmare il contratto. Un percorso che appare poco lineare e che avrebbe invece bisogno di essere snellito e velocizzato.
La struttura del commissario Arcuri ha replicato così: «Stiamo procedendo come da programma, non ci risultano ritardi nell’invio del personale selezionato dalle agenzie interinali, ma solo personale in attesa di effettuare le visite mediche».
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