Il veto sulla Lega di Grillo dietro lo stop al voto su Rousseau, Crimi: «Non entreremo nel governo Draghi per forza»
«Vi chiedo di aver pazienza, prima aspetterei che (Mario Draghi) faccia le dichiarazioni che ha fatto a noi in modo pubblico». Così Beppe Grillo nella serata di ieri ha congelato il voto sul nascente esecutivo, inizialmente previsto per oggi e domani sulla piattaforma Rousseau, che per il momento ancora compare come imminente sul Blog delle Stelle. Il padre-nobile del M5s dice che l’ex governatore della Bce gli ha dato «ragione su tutto», ma Grillo pare non fidarsi tanto. L’attesa dell’intervento di sintesi del professor Draghi viene atteso come garanzia “suprema” per decidere quella che sarà la strada che percorrerà il MoVimento.
Grillo ne fa una questione di temi, prima tra tutti la questione ambientale. Ma proprio su questo dice che la «Lega non ci ha mai capito una mazza di niente» e quindi «la Lega non può entrare in questo esecutivo». Già, perché sotto sotto l’ostacolo principale per i pentastellati è quello di doversi riavvicinare agli ex alleati della Lega, ridimensionandosi, nonché quello di dover lasciare spazio anche all’arcinemico Berlusconi, così come a Matteo Renzi. E su questi punti, la corrente ortodossa del MoVimento non transige. Di conseguenza, il M5s non esclude di stare fuori da questo governo.
Un’ipotesi confermata anche dal capo politico ad interim del M5s Vito Crimi in un’intervista al Corriere: «Non andremo al governo a tutti i costi, ci stiamo confrontando. Alcune garanzie le abbiamo chieste, ottenendo rassicurazioni sul Mes, sulla scuola, sulla continuità con il governo Conte». E «gli iscritti ci hanno sempre chiesto di capitalizzare quel 32% di voti nelle urne e non lasciare il governo nelle mani sbagliate – prosegue Crimi -. Ancora una volta ci diranno “non perdete questa occasione, non lasciate ad altri la possibilità di cambiare le carte del Recovery che avete scritto voi”».
La pressione dei ribelli
Ma il M5s deve fare inevitabilmente i conti con la rivolta della base, salvo andare incontro alla scissione, anche se Crimi tenta di smussare gli spigoli: «Non c’è una scissione in atto, ci sono persone che la pensano in modo diverso. In dieci anni non ci siamo mai spaccati». Insomma, il M5s prima di muoversi aspetta che il professor Draghi si esprima e sciolga le perplessità non solo sui tematiche, ma conseguentemente anche sulla composizione dell’esecutivo.
E solo allora, come spiega Crimi, «Quando avremo qualcosa su cui votare scriveremo nei quesiti “vogliamo stare in un governo che ha queste caratteristiche?”. Dobbiamo mettere ai voti un programma, aspettiamo che Draghi veda le parti sociali e tiri le conclusioni». Ma non è detto che il presidente incaricato si pronunci prima, né che attenda l’esito del voto su Rousseau: potrebbe direttamente presentarsi in Parlamento per chiedere la fiducia. Cosa farà in quel caso in MoVimento? «Rassicurati» sì, ma fuori o dentro non si sa.
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