Il Cerbero podcast è tornato: «Le accuse? Non possiamo incravattarci per evitare rogne» – L’intervista
Bannati. Oscurati. Tornati. Lunedì 8 febbraio il Cerbero Podcast è tornato. Mr. Marra, Tutubbi, Mr. Flame e David Rubino sono ricomparsi su Twitch. E con loro è tornato il polverone di polemiche legato ai contenuti, al linguaggio e alle opinioni trattate in questo spazio digitale. In un modo o nell’altro il Cerbero è diventato negli ultimi mesi uno dei canali più iconici di una piattaforma che sta raccogliendo sempre più utenti. Il 23 gennaio lo streamer Zano ha sfondato il record italiano di spettatori su Twitch: oltre 150 mila utenti connessi nello stesso momento al suo canale per un evento legato a Fifa, il noto videogioco a tema calcio.
Il gaming infatti è la colonna vertebrale di Twitch. È in questo mondo che è nata questa piattaforma. Ed è attorno a questo mondo che ruotano la maggior parte dei suoi contenuti. O meglio, ruotavano. Più la piattaforma cresce e più gli orizzonti si allargano. Twitch si sta aprendo sempre ad altri formati, a partire dai podcast. Il Cerbero è uno di questi. Forse quello più iconico ma, per certi aspetti, anche il più controverso. A raccontarci cosa sta succedendo su questo canale è Mr. Marra, uno dei suoi conduttori.
Partiamo dal giorno zero. Come è nato il Cerbero?
«Il Cerbero è nato nel momento in cui io, Gianluca e Simone abbiamo cominciato a frequentarci. Ci eravamo conosciuti in una fiera a Roma. Gianluca e Simone avevano già dei canali YouTube, abbastanza grossi. Anche io ne avevo uno, un piccolo spazio dove parlavo di cinema. Era soprattutto un hobby. Ognuno ha portato i suoi interessi e insieme abbiamo montato una linea editoriale».
Quando avete iniziato com’era Twitch?
«Era una piattaforma ancora molto in crescita, con un’utenza generale abbastanza bassa. Non mi riferisco solo all’età ma anche a livello numerico. Il contenuto principale era il gaming. C’era qualcuno che faceva podcast o parlava con la chat ma non erano contenuti strutturati. Abbiamo colmato un vuoto».
Quando siete partiti eravate già convinti che sarebbe diventato un lavoro?
«Le buone intenzioni c’erano tutte. Non volevamo giocare. Io ho deciso da subito di dedicare gran parte del mio tempo a questo. Il mio lavoro era quello del personal trainer e avevo scelto di dedicare meno ore a questa attività per investire tutto il mio tempo su Twitch. Dopo circa un anno e mezzo ci siamo trasferiti tutti insieme in una casa in cui viviamo e registriamo le live. Siamo in live sia pomeriggio che la sera e quando non ci siamo gestiamo i social, raccogliamo notizie e capiamo chi invitare».
Tra poco diventerai padre. Ti spaventa legare la tua fonte di guadagno principale a una piattaforma del genere?
«Ovviamente sì. Ci penso ogni giorno. Twitch è una piattaforma molto redditizia ma quando ti dedichi esclusivamente a questo è come se fossi un libero professionista. L’incertezza c’è. Ma guarda cosa è successo ai lavori tradizionali con il Covid. Non è detto che un lavoro tradizionale sia per forza più sicuro».
Molti vi hanno paragonato a La Zanzara di Cruciani e Parenzo. Quali sono i temi che portate sul canale?
«Variano. Dipende a quali spunti troviamo e a cosa cerchiamo di interessarci. Ora riusciamo ad avere ospiti sempre più noti perché stiamo avendo un buon seguito. Ci concentriamo spesso su temi poco trattati sugli altri media che però ormai sono diventati una realtà gigantesca. Parlo del sex working o delle piattaforme come come OnlyFans».
E temi come quello che chiamate “femminismo tossico”. Che senso ha usare un’espressione del genere?
«Il femminismo tossico è una formula che indica una deriva di persone che si definiscono femministe ma che stanno solo cavalcando un’onda. Cercano di riportare tutti i problemi al tema del patriarcato. Non è nemmeno un tema nuovo. La critica ai movimenti femministi era stata fatta anche da Federico Fellini con la sua La città delle donne».
È difficile credere che esista un concetto come il femminismo tossico quando solo a dicembre il 98% dei posti di lavoro persi era occupato da donne.
«Su questo chiariamoci. Noi abbiamo fatto in tutto 800 live. Abbiamo dedicato tre puntate sul caso Genovese, abbiamo parlato decine di volte di Revenge Porn e delle chat di Telegram. E poi abbiamo parlato anche di chi sfrutta il femminismo per arrivare ad altro. Parlare di una cosa non ne esclude un’altra».
Ci siete voi e poi c’è il vostro pubblico. Alcuni dei vostri utenti hanno lanciato delle shitstorm verso i canali che avete criticato.
«È vero, è un problema che avevamo soprattutto all’inizio. Ormai abbiamo lavorato così tanto sulle nostre live che le persone che ci seguono hanno capito che un conto è parlare nella nostra trasmissione, cercando anche di argomentare quello di cui stiamo parlando. Un conto invece è andare nelle chat di altre persone o sui loro account Instagram a commentare. Noi non abbiamo mai chiesto a nessuno di far partire una shitstorm».
Siete La Zanzara di Twitch?
«È un paragone che fanno in tanti. Abbiamo fatto la stessa domanda anche a Cruciani e lui ha risposto di no. Facciamo una cosa diversa su un medium diverso. E sicuramente ci rivolgiamo a un pubblico diverso. Al massimo abbiamo in comune la creazione di personaggi da inserire nel dibattito. Certo poi a volte anche noi sbagliamo i toni o esageriamo nelle provocazioni. Ma non possiamo nemmeno incravattarci per evitare ogni rogna».
Voi avete lanciato anche il No Stream Day, un giorno di sciopero per chiedere a Twitch regole più chiare. Le piattaforme arriveranno ad avere contratti più chiari con i creator?
«È già così. Lo abbiamo visto anche con il ban di Trump. Ormai i social sono tutto. Muovono l’economia e la politica. Gli uomini più ricchi del mondo operano sui social. E la burocrazia degli Stati non riesce a stare dietro».
In Italia è già successo con Sdrumox. Se arriva il permaban e non potrete più trasmettere su Twitch che fine farà il Cerbero?
«Ci spostiamo su un’altra piattaforma e tiriamo in piedi un altro show».
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