In Evidenza Cop29Donald TrumpGoverno Meloni
LE NOSTRE STORIECoronavirusDecreto RistoriEnergia elettricaIntervisteRomaSanità

«Senza un soldo da mesi con la paura che mi stacchino la luce»: i lavoratori dello sport abbandonati dallo Stato

12 Febbraio 2021 - 15:29 Fabio Giuffrida
La storia di Manuela Cuda, responsabile di spogliatoio in una piscina di Roma, rimasta senza lavoro da ottobre causa Covid e senza l'aiuto promesso dallo Stato. E come lei, tanti altri

Manuela Cuda, 42 anni, responsabile di spogliatoio in una piscina di Roma, è una delle lavoratrici dello sport rimaste senza ristori. Li attende dal 25 ottobre, da quando ha smesso di andare a lavoro a causa delle chiusure disposte dal governo per contenere la pandemia del Coronavirus. Da quel momento, nonostante un contratto di lavoro in essere fino a luglio, non ha visto più un euro: «Per fortuna che ho i genitori che mi aiutano con le spese. Ho già una pila di bollette da pagare e il timore che da un momento all’altro mi stacchino la luce. Non sto pagando nemmeno l’affitto». Manuela Cuda è una mamma single, ha un figlio di 6 anni e genitori invalidi. «Il fatto che mi facciano la spesa è agghiacciante. Sto perdendo la mia dignità, ho una rabbia dentro…Quando mio figlio si addormenta, io scoppio in lacrime», aggiunge.

Lavorava come responsabile di spogliatoio

Manuela Cuda, dunque, si sente «abbandonata»: prima di diventare una collaboratrice sportiva, gestiva un piccolo negozio di sigarette elettroniche, poi chiuso a causa della crisi da Covid. A marzo ed aprile riceve i 600 euro di bonus per le partite iva, poi nulla. Quando trova lavoro come responsabile di spogliatoio – figura che si occupa di garantire la sicurezza delle persone e delle cose nelle strutture sportiva – arriva la brutta notizia: chiuse palestre e piscine. Il rischio di diffusione del virus è troppo alto. «Il 30 novembre faccio la richiesta del bonus (800 euro per i mesi di novembre e dicembre, ndr) e trenta giorni dopo la integro con un’autocertificazione del mio datore di lavoro. Da quel momento poche risposte al telefono, non ne ho saputo più nulla».

«Quando ho chiesto una scadenza, mi hanno risposto “Siamo in Italia”»

«Sono finita nel baratro, da quattro mesi sono senza stipendio e nella condizione assurda di non poter cercare nemmeno un altro lavoro, visto che il contratto con la piscina è ancora in essere – ci spiega – Mi hanno detto che sono idonea ma non ho capito perché si è bloccato tutto. La mia condizione rispecchia quella di intere famiglie con cui sono in contatto. A me, ad esempio, hanno detto che l’Inps deve fare ulteriori verifiche, se ad esempio ricevo sostegni al reddito quali Naspi o reddito di cittadinanza. Ma da quanto tempo? Vorrei avere almeno una scadenza. Quando l’ho chiesta, mi è stato risposto: “Siamo in Italia”». Quando riceverà i ristori – conclude – la prima cosa che farà «sarà pagare i due affitti arretrati, le bollette e la spesa».

Le altre testimonianze

Nelle sue stesse condizioni tanti altri collaboratori sportivi: «No, ma con calma, non è che la gente ha bisogno», scrivono. E ancora: «A distanza di tre mesi non ho ancora ricevuto nessun sussidio Covid», «Ma l’indennità di dicembre?», «Dopo 100 giorni di chiusura dei centri fitness non ho ricevuto un euro di ristori, inviate integrazioni e tutto in regola». Dei bonus di gennaio e febbraio neanche a parlarne (tutta colpa della crisi di governo): «Per quanto riguarda l’indennità di gennaio non è ancora stata emanata la relativa normativa. Non siamo dunque in condizione di fornire alcuna informazione», dicono da Sport e Salute, azienda pubblica italiana che si occupa dello sviluppo dello sport in Italia e il cui azionista unico è il Ministero dell’economia e delle finanze. Insomma, non sembra esserci luce in fondo al tunnel (palestre e piscine, intanto, restano chiuse).

Foto in copertina di repertorio: PIXABAY

Leggi anche:

Articoli di LE NOSTRE STORIE più letti