Tutti i sacrificati sull’altare del governo tecnico. A Gualtieri non basta Confindustria, Pisano sepolta dal fallimento di Immuni
Mario Draghi una certa discontinuità con il governo Conte II l’ha subito messa in pratica: ha lasciato a casa diverse figure significative del vecchio esecutivo. Come era trapelato nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio ha dato i ruoli chiave a delle personalità che non rappresentano i partiti in Parlamento. È il caso di Mef e Giustizia, dove infatti sono stati rispettivamente chiamati l’economista Daniele Franco e la presidente emerita della Corte Costituzionale Marta Cartabia. Anche il neo ministero per la Transizione Ecologica è stato affidato ad un accademico, il fisico Roberto Cingolani.
Chi perde il PD
I grandi sconfitti del nuovo governo sembrerebbero essere proprio i partiti della vecchia maggioranza e alcuni esponenti di peso del Conte 2. Il Pd perde il Mef dove prima aveva Roberto Gualtieri. Il dem, ex dalemiano, era uno dei ministri chiave della maggioranza giallo-rossa, vanto dell’ex governo per aver trattato con l’Europa per ottenere i fondi del Recovery Plan. Non gli è servito l’endorsement di Confindustria (che peraltro ora si sentirà garantita direttamente da Draghi). Altro uomo Pd lasciato a casa è Francesco Boccia, prima agli Affari Regionali e Autonomie, ora senza incarico. Personalità che ha gestito, in stretta connessione con le Regioni e gli Enti locali, tutta la fase pandemica. L’Insospettabile a fare le valige, sempre tra le file del Pd, è Giuseppe Provenzano. Il giovane dem, allievo dello storico dirigente Pci recentemente scomparso Emanuele Macaluso, lascia infatti il ministero del Sud nelle mani della forzista dell’area liberale e moderata, Mara Carfagna. Draghi non ha nominato il ministero per gli Affari Europei, nel Conte 2 a guida Pd con Amendola, e si presume che tenga la carica ad interim. Messa da parte anche la Dem Paola De Micheli, ex titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Chi perde il M5s
Il Movimento 5 Stelle certamente è il partito che perde di più. Nonostante rimanga la forza numericamente maggiore in Parlamento, lascia diversi ministeri chiave a cominciare dalla Giustizia, guidato dall’ormai ex guardasigilli Alfonso Bonafede, figura molto vicina all’ex premier Giuseppe Conte e promotore della Spazzacorrotti. Fortemente discusso per come ha portato avanti la gestione del dicastero, Bonafede era tra i nomi della discordia nella trattativa per un eventuale Conte Ter. Fuori anche la grillina Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro, personalità che ha portato avanti la battaglia chiave del Movimento: il Reddito di cittadinanza. Altra donna esclusa dalla formazione del governo Draghi è la ministra dell’Istruzione Luocia Azzolina, tra le più criticate del Conte 2 per l’intera gestione scolastica durante la crisi pandemica (emblematici i banchi a rotelle). I pentastellati perdono, inoltre, la ministra dell’innovazione Paola Pisano, sepolta dalle macerie del fallimento di Immuni e da uno stile assai poco innovativo, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro.
Chi perde Italia Viva
Altra sorpresa arriva per l’area renziana. Torna nella formazione di governo la ministra Elena Bonetti alle Pari opportunità e Famiglia mentre resta fuori la senatrice Teresa Bellanova. L’ex ministra alle Politiche agricole, famosa per la regolarizzazione dei braccianti e delle badanti, era data in pole per un dicastero di peso e invece non è stata inserita nella rosa. Nel complesso a farne maggiormente le spese sono le donne giallorosse. Tranne la pentastellata Fabiana Dadone, spostata dalla Pubblica Amministrazione alle politiche giovanili, nessuna delle altre, ormai ex ministre, di Pd e M5s è stata riconfermata.
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