Gimbe: «Solo con 15 giorni di lockdown possiamo tornare a tracciare i contagi. Con le varianti prepariamoci allo scenario peggiore»
Sono sempre più forti le pressioni dal mondo scientifico che invocano una serrata totale per contenere i contagi da Coronavirus, l’avanzata delle varianti e una curva che continua a preoccupare. Voci che, in verità, si sono sempre espresse in questa direzione. Come quella di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che oggi ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta su Radio Cusano Campus ribadisce la necessità di un lockdown generalizzato di 15 giorni, «che farebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, altrimenti bisognerà continuare con stop&go per tutto il 2021».
In queste ore si stanno esprimendo nell’ottica della serrata il virologo Andrea Crisanti, ma anche il consigliere del ministro Roberto Speranza, Walter Ricciardi, che un lockdown totale lo chiede da ottobre scorso. «Credo che il suo ragionamento sia allineato con quello che abbiamo pubblicato prima del periodo natalizio», commenta Cartabellotta rispetto alle richieste di Ricciardi. «La strategia che il governo ha assunto è quello della convivenza con il virus, varando misure per evitare la saturazione degli ospedali». D’altro canto, con le varianti in circolazione, per il presidente Gimbe bisogna «ipotizzare lo scenario peggiore per evitare di farci trovare impreparati».
Una chiusura di due settimane porterebbe a un abbassamento della curva che consentirebbe quindi la ripresa del tracciamento. Però, prosegue il presidente di Gimbe, «non tutte le regioni sono pronte all’attività di testing e tracciamento. Dobbiamo decidere se siamo disponibili ad accettare una restrizione maggiore per abbassare la curva, oppure se accettiamo di avere un 2021 che andrà avanti con stop&go».
I vaccini
I miglioramenti che la campagna vaccinale porta non sono spiega Cartabellotta, immediatamente ponderabili: «È molto difficile, sia per i tempi sia per l’incognita varianti. L’obiettivo dovrebbe essere far circolare il virus meno possibile e non abbassare il carico sugli ospedali, tutti i Paesi invece hanno scelto la seconda via». L’Italia è al terzo posto nel mondo come percentuale di persone totalmente vaccinate – anche con la seconda dose.
«In una posizione assolutamente di merito, commenta Cartabellotta – ma con differenze regionali non trascurabili»: ovvero per esempio dall’1,4% della Calabria al 4,1% di Bolzano. Per Cartabellotta un neo della campagna è «l’aver vaccinato ancora pochi ultraottantenni, perché si è scelto di vaccinare prima gli operatori sanitari anziché le persone più fragili. Ma il vero problema è quello delle forniture».
In copertina Ansa/Giuseppe Lami | L’ospedale di Casal Palocco, Roma, 28 gennaio 2021.
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