L’Unione europea ha paura del greenwashing: ecco le nuove linee guida sugli investimenti verdi
L’accordo politico raggiunto dalla Commissione europea a dicembre, e approvato dal Parlamento europeo, struttura il campo di applicazione della Recovery and Resilience Facility (RFF) attorno a sei pilastri: transizione verde; trasformazione digitale; coesione economica, produttività e competitività; coesione sociale e territoriale; resilienza sanitaria, economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione. Secondo le linee guida, i Recovery plan dovrebbero destinare almeno il 37% della spesa totale a investimenti e riforme a sostegno degli obiettivi sul clima stabiliti nell’Accordo di Parigi. Inoltre, tra gli aggiornamenti pubblicati mercoledì, viene sottolineato che tutti gli investimenti e le riforme devono rispettare il principio di «non arrecare danni significativi», e ciò significa che non devono danneggiare in modo significativo l’ambiente.
Gli obiettivi ambientali
Nello specifico, la Commissione identifica sei obiettivi ambientali ai quali non dovrebbe essere arrecato alcun danno significativo:
- mitigazione dei cambiamenti climatici;
- adattamento ai cambiamenti climatici;
- uso sostenibile delle risorse idriche e protezione delle acque;
- transizione, verso un’economia circolare;
- prevenzione e controllo dell’inquinamento;
- tutela e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Questi obblighi non si limitano esclusivamente alle misure verdi, ma devono essere applicati a tutte le proposte di riforme e investimenti presenti nei Recovery Plan nazionali. Specificare che degli investimenti verdi non debbano danneggiare in maniera significativa l’ambiente può sembrare un ossimoro, una contraddizione in termini, quasi un paradosso del comma 22. Ma non è così, le preoccupazioni della Commissione sono giustificate e rispecchiano la paura che gli impegni verdi previsti nel Green Deal europeo, e nel caso specifico negli obiettivi del Next Generation EU, diventino il pretesto per una colossale operazione di greenwashing degli Stati membri per accaparrarsi i fondi strutturali.
Il greenwashing
Per greenwashing si intende l’ecologismo o l’ambientalismo di facciata, il vantare virtù sensibilità per questi temi anche quando non esiste affatto. Inizialmente era un fenomeno tipico delle grandi imprese, specialmente multinazionali, spesso grossolano come nel caso del colosso del petrolio Chevron che per esibire sensibilità verso l’ambiente raccontava di come i suoi dipendenti fossero impegnati nella tutela di orsi, tartarughe e farfalle. Un fenomeno che si è fatto più sofisticato ora che l’economia verde offre vantaggi concreti, anche semplicemente con innovazioni tecnologiche che consumano meno energia o riducono l’inquinamento. Ma da quando le politiche ambientali sono diventate fonte di grandi investimenti pubblici e incentivi statali, è diventato un atteggiamento che contraddistingue anche piccole imprese, amministrazioni locali e i governi.
Preoccupazioni e ambizioni della Commissione
Entrando nello specifico delle preoccupazioni della Commissione, il ciclo vitale di un investimento o un’infrastruttura va considerato dall’inizio alla fine: dal reperimento delle materie prime, all’impatto ambientale della sua costruzione, consumo e smaltimento. Inoltre, ciò che riduce l’inquinamento e le emissioni da una parte, non deve produrre rifiuti non riciclabili, o composti contaminanti, che danneggiano l’ambiente altrove o in un altro settore. Detta più semplicemente, il perseguimento di un beneficio ambientale non deve creare danni che riducano il beneficio ambientale complessivo. Tutti i progetti di infrastrutture, riforme e investimenti dei Recovery Plan dovranno essere accompagnati da un’analisi di questo tipo sull’impatto ambientale.
Obiettivi ambiziosi, che metteranno alla prova le capacità di valutazione degli Stati membri e della Commissione. Il rischio è di complicare ulteriormente, forse troppo, il lavoro dei governi nel mettere a punto i piani di rilancio. La regolamentazione degli investimenti verdi avrà una grande importanza nel futuro dell’Ue. L’obiettivo della Commissione è iniziare a giugno a emettere i titoli comuni che servono a raccogliere sui mercati le risorse per il Recovery Fund, il 30% di questi saranno green bond. Dopo l’ultimo Ecofin, il vicepresidente Valdis Dombrovskis ha detto che la proposta di applicare una golden rule a questo tipo di investimenti sarà discussa nella riforma del Patto di stabilità e crescita. L’obiettivo di lungo periodo è quello di creare uno strumento comunitario permanente per gli investimenti verdi.
Leggi anche
- Ecco come potrebbe funzionare il ministero per la Transizione ecologica del governo Draghi
- Recovery Plan, dodici settimane per ottenere i fondi europei: per il governo rischiano di essere poche
- L’economista Zamagni: «Il Recovery plan Italiano? È miope. Quello di Marshall funzionò perché guardava alle generazioni future»
- Sfide, missioni, denaro: cos’è e cosa prevede il Recovery Plan italiano