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M5s, fra manovre e veleni monta la rabbia fra i governisti: «Per le espulsioni di Crimi sui sottosegretari sarà una disfatta»

19 Febbraio 2021 - 21:37 Felice Florio
Alcuni parlamentari rivelano che sono i rapporti personali a condizionare la lista dei sottosegretari che verrà proposta a Draghi. Dicerie? Intanto, Di Maio continua a restare nell'ombra, Di Battista si prepara a «costruire una robusta opposizione»

Il Movimento 5 stelle vive le ore di attesa che portano alla diretta Instagram di Alessandro Di Battista – sabato 20 febbraio alle 18 – come il countdown di una bomba a orologeria. Una sua parola, in un senso o nell’altro, potrebbe indirizzare le scelte di decine di parlamentari e migliaia di attivisti che su ogni mezzo, dai social alla stampa, stanno appoggiando la decisione di lasciare il Movimento fatta dal pasionario grillino. Nonostante ciò Di Battista, almeno fino a questo momento, evita ogni coinvolgimento nelle dinamiche che riguardano il Movimento: «Non faccio scissioni né fondo partiti – afferma -. Io mi sono fatto da parte».

Mentre Vito Crimi proclama espulsioni che poi vengono smentite dagli stessi probiviri dei 5 stelle, il malcontento non monta solo tra i senatori e i deputati che hanno votato “no” al governo Draghi, come Mattia Crucioli che annuncia il tentativo di formare un nuovo gruppo a Palazzo Madama, ma anche tra i governisti. Chi, fino ad oggi, ha lasciato che fossero il reggente Crimi, gli uomini a lui più vicini e Luigi Di Maio a gestire le fasi più complicate del passaggio dal Conte due al Draghi uno, ormai ha perso la fiducia.

«È il caos», ci dice un parlamentare che non ha mai avuto dubbi sulla fiducia a Draghi. «Tutti i riflettori sono puntati su cosa farà Di Battista e sulle lettere di espulsione che arrivano nelle caselle dei parlamentari dissidenti, ma sono proprio i 36 posti da sottosegretari e viceministri a segnare il punto di non ritorno per il Movimento». Il presidente del Consiglio avrebbe voluto concludere la formazione della squadra entro il fine settimana, «ma non ce la farà a completare l’elenco prima di lunedì, martedì», spiega. È il benvenuto nella politica cruda, quella delle poltrone, che i partiti danno a Mario Draghi.

La lista dei sottosegretari M5s sempre più corta

Ma non è il presidente del Consiglio a dover temere le trappole con cui è disseminato il campo del sottogoverno. È il Movimento 5 stelle a minarsi e sminarsi da solo: «Sono diminuiti i posti da sottosegretari che verranno destinati al nostro gruppo – afferma uno di quei deputati che il Movimento non vorrebbe lasciarlo, ma che è in attesa di essere espulso formalmente -. Sono diminuiti perché Crimi non è stato in grado di tenere unito il gruppo, facendo la voce grossa senza essere autorevole, ha diviso invece di cercare il dialogo. Con l’espulsione di circa 50 parlamentari, il potere contrattuale del Movimento si sgretola».

I 5 stelle, in ragione del numero di parlamentari maggiore rispetto agli altri partiti, sono gli unici ad aver ottenuto quattro ministeri nel nuovo governo. «Secondo i calcoli dei vertici, avremmo dovuto avere 13-14 sottosegretari. Dopo la frattura, è un bene se riusciamo a portarne a casa 10», racconta un portavoce. «Le espulsioni non andavano fatte ora – conferma un senatore che ha votato sì alla fiducia, ma auspicava in una conciliazione con i contrari -. Cacciando le persone dal nostro gruppo, oltre al danno di immagine del Movimento, abbiamo perso qualsiasi posizione di forza nella maggioranza: gli altri partiti faranno di noi quello che vogliono».

I nomi possibili

La lista dei sottosegretari, secondo alcuni, è nelle mani di Crimi, dei capigruppo e dei vicecapogruppo alla Camera e al Senato. Secondo altri, «non si muove foglia che Di Maio non voglia». Resta il fatto che, chiunque sarà considerato il responsabile della partita per il sottogoverno, attirerà su di sé le critiche e scontenterà per forza di numeri la maggior parte del gruppo: sono solo una decina le caselle da riempire. Le ambizioni, invece, molte di più. E spunta sulla bocca di diversi parlamentari governisti ma delusi il nome del vicecapogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi.

Sono diversi i parlamentari che, sottovoce e off the record, dicono che Ricciardi stia spingendo il nome di Gilda Sportiello. «Tra i due ci sarebbe una certa vicinanza, lo dicono in tanti. Magari è solo un chiacchiericcio che va avanti da tempo, però è vero che Ricciardi si sta spendendo molto affinché Sportiello diventi sottosegretaria», confida a Open un deputato 5 stelle. «Io so – ed è l’ennesimo grillino a ribadirlo – che ieri l’intervento sul Mezzogiorno l’avrebbe dovuto fare un altro portavoce del Movimento. Poi, all’ultimo, è stata designata Sportiello».

Il nome di Sportiello è accostato sempre da più fonti al ministero per il Sud, guarda caso il fulcro del suo intervento alla Camera. Gli altri 5 stelle più quotati per entrare a far parte del sottogoverno sono Laura Castelli e Alessandra Todde, «Draghi vuole una forte componente femminile», dice un deputato. Todde, inoltre, sarebbe “spendibile” per due ministeri: allo Sviluppo economico, poiché ha già lavorato sulle crisi aziendali nel precedente governo, e alla Transizione ecologica, avendo avuto la delega all’Energia durante il Conte due. Poi ci sarebbero tra i papabili anche Carlo Sibilia e Angelo Tofalo, «il Quirinale non vuole cambiamenti all’Interno e alla Difesa», aggiunge un senatore. Anche Stefano Buffagni dovrebbe essere riconfermato. Scalpita Mariolina Castellone, «sta facendo di tutto per un posto al ministero dalla Salute – riportano più fonti grilline -, ma Sileri è troppo forte mediaticamente per non essere riconfermato».

Altri nomi che stanno rimbalzando nelle varie chat sono quelli di Luigi Iovino, «potrebbe andare all’Università essendo molto vicino alle realtà studentesche» e di Luca Carabetta, «all’Innovazione o alla Transizione ecologica, visto che è un ingegnere energetico le cui competenze sono riconosciute anche fuori dal Movimento». Infine, c’è il nome di Giancarlo Cancelleri, già viceministro dei Trasporti: lui è uno di quelli che può stare tranquillo, spiega un senatore. Primo perché, se non fosse riconfermato al governo, perderebbe il lavoro e tornerebbe a casa – Cancelleri non è un parlamentare -. Secondo, i “siciliani “ stanno facendo quadrato intorno a lui: «Se non fosse riconfermato, ci sarebbe una ribellione».

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