WhatsApp, torna la truffa del codice a sei cifre. Ecco tutto quello che c’è da sapere per evitarla
«Ciao, scusa, ti ho inviato un codice a 6 cifre per sms per errore. Puoi trasferirlo a me?». Inizia così la truffa che nelle ultime settimane sta circolando su WhatsApp. Un messaggio mandato da un contatto che ha lo stesso nome e la stessa foto profilo di qualcuno che abbiamo in rubrica. E una richiesta: riferire quel codice a sei cifre appena inviato. Appena dopo il messaggio su WhatsApp quel codice arriva infatti via Sms, da un numero italiano. Se seguite le istruzioni e fornite il codice a sei cifre richiesto dal messaggio, il gioco è fatto. Il vostro account WhatsApp si bloccherà immediatamente e chi c’è dietro a questa truffa comincerà a usare il vostro nome e la vostra immagine profilo per rubare altri account presenti nella rubrica. Oltre a non poter più accedere a WhatsApp in questo modo rischiate anche di perdere tutte le chat conservate nelle vostre conversazioni.
Tutte le truffe su WhatsApp dai coupon alla finta app
Quella del codice a sei cifre è solo l’ultima di una lunga serie di truffe in cui può incappare chi usa questa app di messaggistica. Nelle ultime settimane è stata segnalata da diversi blog di settore anche la truffa dei falsi coupon. In breve: vengono fatti circolare dei form falsi che garantiscono uno sconto fino a 200 euro per gli utenti che compilano tutti i dati presenti nell’applicazione. I brand che vengono trafugati per compilare questi coupon sono famosi e vanno da Zara a MediaWorld. Ovviamente però l’unico effetto dopo la compilazione di questi form è quello di aver ceduto i propri dati a degli sconosciuti.
Una truffa più macchinosa invece è quella della falsa applicazione, registrata (per ora) solo su iPhone. In questo caso la truffa prevede che venga inviata agli utenti una versione non ufficiale dell’app da scarica, quindi non presente nell’App store. Questa versione sembra del tutto simile al WhatsApp che ben conosciamo ma una volta installata l’app crea una backdoor. In pratica attraverso un file permette a chi l’ha sviluppata di spiare il dispositivo su cui è stata installata.
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