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Il capo missione di Msf in Congo: «Qui la violenza si annida ovunque e non c’è modo di fermarla» – Il colloquio

23 Febbraio 2021 - 06:29 Cristin Cappelletti
Christophe Garnier, alla guida della missione della ong nella Repubblica democratica del Congo, parla a Open della situazione umanitaria nel Paese

La provincia di Kivu Nord dove ieri, 22 febbraio, sono stati uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci, e l’autista del convoglio Onu Mustapha Milambo, è tra le più instabili della Repubblica Democratica del Congo. Solo in quella regione orientale si trovano 1,5 milioni di sfollati interni. Una situazione umanitaria aggravatasi con la guerra civile iniziata nel 1997 e che in questi 24 anni, nonostante l’istituzione nel 2003 di un Governo di transizione, ha continuato a fare milioni di vittime.

Negli ultimi anni in quest’area, all’interno di un Paese dove mancano forti apparati statali, hanno potuto proliferare milizie armate, tra cui quella dei ribelli delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda, in cima alla lista dei sospettati per l’attentato al convoglio Onu in cui si trovavano i due italiani. Oltre alla presenza di gruppi jihadisti, è la ricchezza nel sottosuolo, con la presenza di minerali come il cobalto – necessario per la produzione di telefonini – a fare del Congo «uno dei Paesi più ricchi, ma allo stesso tempo più poveri al mondo», dichiara a Open il capo missione di Medici senza frontiere nella Repubblica democratica del Congo, Christophe Garnier. «Qui – dice – più di due terzi della popolazione vive con meno di due dollari al giorno».

Garnier (Msf): «Il Congo è tutto una grande emergenza. Se non è l’ebola, è la malnutrizione. Oppure il Coronavirus, la tubercolosi, il colera»

Tra il 2017 e il 2019 nuovi scontri armati hanno creato 5 milioni di sfollati interni. E oltre all’instabilità politica, il Paese deve «continuamente fronteggiare lo scoppio di epidemia di Ebola», chiarisce Garnier. Una crisi così estesa che negli ultimi anni il team di Medici senza frontiere ha rafforzato i suoi progetti nelle città di Masisi, Walikale, Mweso e Rutshuru a Kivu Nord. Nel 2019, il Msf ha dovuto far fronte anche alla più grande epidemia di malaria. Ma – paradossalmente – il problema del Paese è che non c’è una vera emergenza: «Il Congo è tutto una grande emergenza. Se non è l’ebola, è la malnutrizione. Oppure il Coronavirus, la tubercolosi, il colera. Non puoi scegliere dove andare ad agire, e a volte non sai da che parte voltarti».

Oltre alle malattie, soprattutto negli ultimi anni, il Paese ha visto crescere anche le violenze sessuali. Secondo un report delle Nazioni Unite, i numeri relativi agli stupri sono aumentati proporzionalmente al numero delle incursioni dei militari nei villaggio. In particolare, nel 2019, la Missione Monusco ha documentato 1.409 casi di violenza sessuale nel periodo post elettorale. «Ci sono gruppi armati ovunque, ma il problema è che non si tratta di un Paese formalmente in guerra», osserva Garnier. «Qui quando la violenza inizia a crescere si annida dovunque e non c’è modo di fermarla».

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