Dove è finita l’influenza stagionale? Perché non la stiamo confondendo con la Covid-19. Facciamo il punto
Si è discusso spesso dell’importanza dei vaccini antinfluenzali per aiutare a discernere dai casi dovuti al nuovo Coronavirus, mentre non vi sono evidenze di un loro effetto protettivo anche contro la Covid-19. Sta di fatto che l’influenza stessa sembra essere scomparsa. Da un po’ di tempo non la rileviamo più, come possiamo constatare anche dai dati riportati su InfluNet, il portale dell’ISS che monitora i casi di influenza. L’infettivologo Stefano Zona è una delle anime dell’associazione IoVaccino, una organizzazione di medici e genitori impegnata nel sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei vaccini. Abbiamo chiesto al Medico maggiori chiarimenti sulle ragioni di questa apparente scomparsa, e per quali ragioni potrebbe essere dovuta alla pandemia di Covid-19.
Per chi ha fretta:
- Da un po’ di tempo non si registrano più ospedalizzati positivi ai virus influenzali;
- La contemporanea presenza della pandemia di Covid-19 potrebbe aver giocato un ruolo indiretto, attraverso le norme di distanziamento sociale, che hanno così avuto effetto anche su altri patogeni che viaggiano per via aerea, specialmente se meno infettivi rispetto a SARS-CoV-2;
- Sostenere che non vediamo più l’influenza perché viene archiviata come Covid-19 è una tesi infondata, non solo perché parliamo di patogeni totalmente diversi, ma anche perché esistono laboratori in Italia che continuano a cercare i virus influenzali;
- Dal momento che i bambini sono il serbatoio principale e che quest’anno i più fragili hanno aderito meglio alle campagne vaccinali, chiusura delle scuole d’infanzia e vaccini antinfluenzali potrebbero aver giocato un ruolo, anche se non decisivo;
- L’ipotesi che per interferenza virale il nuovo Coronavirus abbia scalzato quelli influenzali non è campata per aria, ma non abbiamo evidenze rilevanti che stia succedendo questo.
L’intervista
Dai monitoraggi settimanali risulta che l’influenza è praticamente sparita. È possibile che proprio l’osservanza del distanziamento sociale e l’uso di mascherine abbia giocato un ruolo?
«Bisogna considerare innanzitutto qual è il serbatoio più probabile di influenza: i bambini. A loro abbiamo messo dopo i sei anni la mascherina e l’obbligo di lavarsi le mani. Nei nidi e nelle scuole di infanzia è stato imposto ai bambini di non mescolarsi con le altre sezioni, riducendo la circolazione di tutte le infezioni respiratorie. Abbiamo imposto agli adulti che stanno coi bambini di utilizzare mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani. Inoltre, quest’anno la campagna vaccinale è andata un po’ meglio rispetto agli anni precedenti. Questo probabilmente ha protetto un po’ di più la popolazione generale, in particolare quella più fragile.
Di conseguenza esclusa la Covid-19 le “ILI” sono poche [Influenza-like illness]. I laboratori che fanno la sorveglianza virologica non rilevano più l’influenza. Ovviamente, tutti speriamo sia effettivamente così; tuttavia, non si può escludere che la sorveglianza stia andando a “regime ridotto”, in quanto i laboratori sono impegnati sul fronte Covid. Se è vero che la sorveglianza è meno precisa, dall’altro lato tutti i pediatri hanno segnalato una ridotta frequenza di molte malattie infettive, non solo infezioni respiratorie nella popolazione infantile, durante il periodo invernale. Svuotato il serbatoio principale dei bambini, diventa abbastanza intuitivo che l’influenza starebbe circolando molto meno».
La chiusura delle scuole in diverse regioni è stata determinante?
«La chiusura delle scuole era e rimane uno strumento efficace nel ritardare il picco influenzale. Nelle regioni dove hanno chiuso le scuole d’infanzia probabilmente ha contribuito. Però non è successo ovunque, per esempio, in Emilia Romagna le scuole sono aperte da sempre. Quindi, la chiusura delle scuole può aver contribuito, ma dove sono rimaste aperte, solo i protocolli di contenimento della pandemia rimangono le uniche spiegazioni plausibili».
Forse c’è anche chi non va a farsi il tampone, dopo qualche giorno guarisce a casa, e nessuno ne sa niente.
«Consideriamo che i tamponi per l’influenza non venivano fatti alla popolazione generale, bensì esclusivamente agli ospedalizzati. È vero che facciamo pochi tamponi per l’influenza, ma i laboratori che fanno la sorveglianza dovrebbero farli non solo per la Covid, SARS-CoV-2. Se andiamo a vedere sul sito del ISS, continuano a segnalare zero casi, nonostante monitorino anche l’influenza. Nella quinta settmana di sorveglianza su 15.833 tamponi, ne sono stati trovati positivi cinque.
I negazionisti sostengono che gli esperti definirebbero Covid anche i casi di influenza e per questo risulterebbe scomparsa.
«Anche prima avevamo tanti ospedalizzati per influenza nel periodo dicembre-gennaio. Lo stesso però non si può dire per le terapie intensive. Al massimo veniva attivato qualche reparto di sub-intensiva, ma niente di paragonabile con quel ch’è successo con la Covid. Anche la mortalità rimane estremamente più elevata. Considerando i tamponi, SARS-CoV-2 e virus influenzali appartengono a famiglie diverse, non possono essere confusi, sono due cose totalmente diverse».
Quindi le ultime campagne vaccinali contro l’influenza e l’adesione maggiore hanno funzionato?
«Soprattutto tra i più fragili c’è stata una adesione più alta. Dire che la scomparsa dell’influenza sia merito della campagna vaccinale sarebbe esagerato. Sicuramente hanno giocato un ruolo i primi lockdown, il lavaggio delle mani più frequente e l’uso di mascherine, con effetti paragonabili a quelli di una vaccinazione contro la trasmissione dell’influenza. Se aggiungiamo che abbiamo quasi “recluso” i bambini, ne consegue che hai una ridotta circolazione dei virus influenzali».
Quindi in generale la popolazione si sta comportando bene. Oggi i «furbetti» sono quelli che saltano la fila per avere il vaccino anti-Covid, non per evitarlo.
«Complessivamente questi inviti alla popolazione hanno funzionato più di quanto non hanno fatto nelle campagne vaccinali precedenti. Ma non riguarda solo l’Italia. In Australia questa estate hanno avuto una curva epidemica uguale alla nostra (quando da noi era estate per loro era inverno). Loro non hanno neppure avuto il tempo di organizzare campagne vaccinali importanti. Sicuramente danno un contributo nei più fragili e sappiamo che avere i virus assieme (SARS-CoV-2 e influenzale) peggiora le cose».
L’interferenza virale non potrebbe spiegare il fatto che il nuovo Coronavirus potrebbe aver scalzato quelli influenzali?
«È plausibile però non lo sappiamo. Bisognerebbe andare a vedere la probabilità di co-infezione. In generale non è sistematico che la presenza di un virus come SARS-CoV-2 non dia spazio nelle cellule per altre infezioni. Mi sembra più plausibile che l’uso di disposizioni per il contenimento della pandemia sia stato più preponderante nella scomparsa dell’influenza».
Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).
Foto di copertina: Mojpe | Influenza stagionale.
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