Verso il primo Consiglio europeo di Draghi. Obiettivo numero uno: salvare la campagna vaccinale comune
Da qualche giorno gli eventi che hanno segnato l’inizio della pandemia hanno iniziato a compiere un anno, e l’unica certezza è che non è andato tutto bene. Ancora una volta, il Covid-19 è l’argomento principale del Consiglio europeo in videoconferenza di domani e venerdì, il primo di Mario Draghi nelle vesti di premier italiano. I leader delle 27 Capitali dell’Unione europea faranno il punto sulla situazione epidemiologica, e decideranno come continuare a coordinare la risposta alla pandemia concentrandosi sull’autorizzazione, la produzione e la distribuzione dei vaccini, e sulla circolazione delle persone.
Oltre al Covid-19, nella mattinata di venerdì i leader discuteranno della strategia per la sicurezza e la difesa comune, e delle relazioni con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, un punto dell’agenda comunitaria citato anche nel discorso di Draghi in Senato, che chiama in causa l’Italia
La campagna vaccinale sta fallendo a tutti i livelli
Oltre ai ritardi nelle consegne e gli elementi poco chiari dei contratti con le case farmaceutiche, ad aggravare ulteriormente una situazione già profondamente compromessa è arrivata la notizia secondo cui, nel secondo trimestre, AstraZeneca prevede di fornire meno della metà dei vaccini rispetto a quanto previsto nel contratto (neanche 90 mln invece di 180 mln). Un calo che arriva dopo la forte riduzione di rifornimenti nel primo trimestre, mettendo pesantemente a rischio la possibilità che l’Ue raggiunga l’obiettivo di vaccinare il 70% degli adulti entro l’estate.
Le vicende dell’Unione con AstraZeneca non hanno distrutto solo la fiducia in un vaccino e nella correttezza delle case farmaceutiche, ma nell’intero piano vaccinale. Martedì i premier di Danimarca, Spagna, Polonia, Lituania e Belgio hanno chiesto con una lettera congiunta che l’Ue garantisca per il futuro una produzione comune di vaccini sicura ed efficiente. In tutti gli Stati membri sta crescendo il desiderio di avere una produzione nazionale/europea di vaccino con o senza licenza, mentre aumentano le richieste di andare oltre la logica del profitto.
In Italia l’associazione delle aziende farmaceutiche è stata contattata dal ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per fare il punto sulle possibilità di produrre vaccini anti-Covid-19. Passare dalla teoria alla pratica però è molto più complicato, ci vuole tempo, e l’Europa comincia a non averne più. Sarà difficile ricostruire la fiducia nelle capacità delle istituzioni europee e dei governi dopo averla intaccata in questo modo.
Il francese Thierry Breton, il commissario per il mercato interno, per rilanciare una narrazione di operatività ha iniziato a visitare gli impianti di Pfizer/BioNTech facendosi fotografare davanti a scatoloni di vaccino con la bandiera dell’Ue stampata sopra. Chiaramente, non è abbastanza. Se non arrivano subito risultati concreti la situazione andrà fuori controllo.
La Covid-exit di Boris Johnson e la libera circolazione
Nel frattempo, il governo britannico ha annunciato il percorso di smantellamento delle restrizioni. Si parte dall’8 marzo con la riapertura delle scuole e il ritorno a una vita all’aperto quasi normale entro fine marzo. Negozi e ristoranti non riapriranno fino a maggio, ma a quel punto quasi l’intera popolazione adulta sarà vaccinata. Londra prevede il ritorno alla normalità per il 21 giugno, non è un tempo breve, ma il piano offre un orizzonte concreto ed è accompagnato da dati confortanti sul calo della pressione sul sistema sanitario.
Tant’è che dopo l’annuncio di Boris Johnson, nel Regno Unito è boom di prenotazioni per i viaggi all’estero. Tra i Paesi europei, solo la Danimarca ha promesso di essere in grado di offrire il vaccino a tutta la popolazione entro fine giugno. Gli altri governi offrono prospettive vaghe, che si proiettano fino a estate inoltrata, in alcuni casi inizio autunno. Ciò mette a rischio la stagione turistica della primavera e dell’estate di quest’anno, senza contare che si aprono questioni controverse: sarà possibile permettere a cittadini già vaccinati di viaggiare nei Paesi europei?
Il premier greco infatti chiede un passaporto vaccinale per i viaggiatori e ha già fatto accordi con Israele. L’idea di Atene consiste nel rendere i vaccinati esenti dal dovere di fare tamponi prima di entrare nel Paese, non nel rendere obbligatorio il vaccino. Politicamente parlando, non sarebbe facile gestire una situazione in cui ci sono limitazioni alla libertà di viaggiare degli europei nell’Ue mentre i non europei si muovono più liberamente. Di sicuro, le economie di Italia e Spagna ma soprattutto Portogallo e Grecia non possono permettersi un’altra stagione estiva insoddisfacente.
L’argomento della mobilità riguarda anche il normale funzionamento dell’economia industriale e commerciale. La Commissione ha richiamato alcuni Stati membri a tornare ad un approccio coordinato sulla libertà di movimento delle persone e delle merci. Una lettera di richiamo per l’applicazione di misure troppo restrittive alle frontiere interne è stata inviata a Germania, Belgio, Ungheria, Finlandia, Danimarca e Svezia. Nel testo si chiede un approccio diverso alla frontiera, di non bloccare i camionisti e mantenere il regime di libera circolazione delle merci all’interno del mercato unico.
Il dilemma dei governi e le conseguenze politiche di un fallimento
Visto il ritardo della campagna vaccinale, lo scenario peggiore per i governi è subire tutto l’impatto di una terza ondata potenziata dalle varianti, un timore dall’esperto tedesco Karl Lauterbach e dei suoi colleghi in altri Paesi, che mettono in guardia dalle conseguenze di una diffusione delle varianti più contagiose e chiedono ai governi di aumentare le restrizioni, almeno fino a Pasqua. Uno scenario che si sta concretizzando.
Molti governi però sembrano orientati a puntare su uno scenario più ottimistico, in cui le misure attuali risultino sufficienti a tenere sotto controllo i contagi, e che i ritardi nella filiera della distribuzione di vaccini vengano recuperati tra la primavera e l’estate. Se le cose andassero male, la colpa delle conseguenze della terza ondata ricadrebbero anche sui leader di governo, non solo sui fallimenti della Commissione.
A settembre di quest’anno si vota in Germania, ad aprile/maggio 2022 in Francia. L’Italia in teoria ha scelto di uscire dalla crisi politica con un governo d’unità nazionale, ma nel 2022 il parlamento dovrà scegliere il nuovo Presidente della Repubblica, e tutti sappiamo che la scelta del prossimo inquilino del Quirinale è un argomento che avrà effetti sul governo, sulla maggioranza che lo sostiene e sull’intera politica nazionale. Per Draghi il momento delle decisioni più difficili è già arrivato.
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