Licenziamenti, le riforme impossibili: la Consulta riscrive la legge Fornero (dopo aver azzerato il Jobs Act)
Una sentenza dalla portata dirompente si abbatte sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: la Corte Costituzionale, con un comunicato diffuso il 24 febbraio, ha annunciato l’arrivo di una sentenza con la quale viene ripristinata la reintegrazione sul posto di lavoro per i cosiddetti licenziamenti economici, nei casi in cui tali misure non siano giustificate da un fatto reale. La disciplina di questo tema era stata rivista nel 2012 dalla riforma Fornero, che aveva diversificato le sanzioni da applicare ai licenziamenti ingiustificati: la reintegrazione sul posto di lavoro era stata mantenuta per i recessi privi di giusta causa, mentre era stata prevista una sanzione diversa (risarcimento del danno da 12 a 24 mensilità) per i casi di recessi motivati sulla base di un’esigenza organizzativa od oggettiva rivelatasi infondata.
La Consulta azzera queste distinzioni (seppure dovremo vedere dalle motivazioni se questa decisione riguarda tutti i recessi economici o solo quelli manifestamente infondati) e riporta al centro del sistema la misura della reintegrazione, seguendo lo stesso approccio “ostile” a qualsiasi modifica delle regole già applicato nei confronti del Jobs Act, le cui norme sono state, un pezzo alla volta, smontate e riscritte in senso contrario a quello voluto dal legislatore. È di tutta evidenza che le decisioni della Consulta vanno applicate e rispettate fino in fondo; ma questo rispetto non può azzerare la capacità di analisi critica delle decisioni che vengono assunte. La sommatoria delle pronunce intervenute in questi anni sul contratto a tutele crescenti e quella di ieri sull’articolo 18 nella versione riformata, genera la sensazione che le regole sui licenziamenti in Italia siano intoccabili e immodificabili. Anche quando non riducono o azzerano le tutele, ma semplicemente cambiano le tecniche sanzionatorie, spostandole verso la misura risarcitoria.
La Consulta, con argomenti sicuramente ragionevoli, per l’ennesima volta rigetta queste riforme, mandando un chiaro segnale al Parlamento: le regole sui licenziamenti non vanno toccate, tutto deve restare invariato nelle forme previste dallo Statuto dei lavoratori nel 1970. Eppure da anni si discute del fatto che il nostro sistema ha meccanismi troppo complessi e sistemi sanzionatori troppo punitivi rispetto al resto d’Europa: siamo certi che questo ennesimo ritorno al passato, che ci riporta agli inizi dello scorso decennio, contribuisca alla costruzione di un mercato del lavoro moderno, attrattivo e competitivo?
Immagine copertina: ANSA/ANGELO CARCONI
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