La moglie dell’ambasciatore Attanasio: «Qualcuno che conosceva lo ha tradito». Resta l’enigma della scorta
Zakia Seddiki, moglie dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, ucciso in Congo il 22 febbraio insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci, è convinta che il marito sia stato tradito da qualcuno che conosceva bene i suoi spostamenti. «Qualcuno vicino a noi, alla nostra famiglia, lo ha tradito. Quella mattina la sua era un’operazione che non implicava direttamente il lavoro di ambasciatore. L’unica risposta che mi sono data, e che posso dare, è che qualcuno che conosceva i suoi spostamenti ha parlato, e lo ha venduto», ha detto la donna, intervistata dal quotidiano Il Messaggero.
Nessuna percezione di un pericolo imminente
Seddiki ha rivelato anche che la mattina dell’agguato si era sentita con il marito via WhatsApp. «Mi ha mandato due foto. Venti minuti dopo mi ha ripetuto la stessa frase che mi diceva quando non eravamo insieme: “Ti amo amore mio e mi mancate”. Era tranquillo, sorridente». La donna ha confermato che quel giorno né lei, né l’ambasciatore avevano la percezione di un pericolo imminente. Seddiki ha inoltre chiarito che la richiesta di una nuova auto blindata, presentata da Attanasio pochi giorni prima di morire, non sarebbe stata legata a preoccupazioni particolari per la sua incolumità: «L’auto che era a disposizione in ambasciata aveva alcuni problemi meccanici. Quindi non c’è nessuna relazione con ciò che è accaduto».
Attanasio aveva chiesto il raddoppio della scorta?
Tuttavia, secondo il quotidiano La Stampa, nel 2018 l’ambasciatore avrebbe chiesto di farsi raddoppiare la scorta, ricevendo un rifiuto da parte del ministero degli Esteri. La Farnesina al momento non ha risposto in alcun modo. Il quotidiano di Torino precisa che Attanasio, un anno dopo essere arrivato in Congo, aveva capito di trovarsi in una zona pericolosa e avrebbe pertanto chiesto al ministero che la scorta di cui disponeva, formata da due carabinieri, venisse raddoppiata. Anche perché il suo predecessore aveva una scorta di quattro uomini. La Stampa aggiunge che il ministero avrebbe inviato un ispettore in Congo per valutare la situazione, rigettando l’istanza.
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