Alcol e giovani. «Dopo 2 birre i ragazzi producono il 40% di testosterone in meno. Per le ragazze aumenta il rischio di tumore al seno» – L’intervista
«È tempo di comprendere che il rischio che deriva dalle bevande alcoliche non sta nell’abuso ma già nell’uso». Il dottor Gianni Testino è il presidente della Società Italiana di Alcologia (SIA) e oggi insieme a Open si rivolge ai giovani lettori e non per spiegare i pericoli tenuti nascosti dietro il consumo d’alcol. «Il periodo Covid si è sovrapposto ad un quadro già abbastanza complesso: in Italia ci sono 8,7 milioni di persone a rischio di problematiche psico-fisiche da alcol. In questi mesi di pandemia si sono verificati due fenomeni principali. Il primo ha riguardato le ricadute alcoliche per un aumento del 20%: persone che già consumavano alcol, attraverso un continuum sempre maggiore, sono scivolate in dosaggi da vera e propria dipendenza.
Il 60% della popolazione ha aumentato i consumi ed è lì che abbiamo i nuovi alcolisti, con un 15% in più rispetto al 2019. Il secondo fenomeno ha riguardato i giovani. Molte famiglie prima dell’isolamento non si erano rese conto del problema dei loro ragazzi. Il consumo d’alcol nella percezione comune è abbastanza normalizzato e spesso nei suoi estremi legato alla figura dell’ubriacone. Nel periodo pre – pandemia il ragazzo gestiva la sua settimana in modo da bere alcol fuori casa. L’essere costretti dentro le mura domestiche ha provocato comportamenti di irritazione e nervosismo, legati proprio al fatto di non poter bere. Ecco che le famiglie si sono cominciate ad accorgere di un problema di dipendenza».
Il consumo d’alcol è un problema che va ben oltre la pandemia. Anche quando si pensa di non eccedere, i rischi sono tutt’altro che minimi. Ce li spiega?
«In Italia muoiono 50 persone al giorno per alcol: un numero che non deriva certo tutto da casi di dipendenza. I danni maggiori li abbiamo proprio nel cosiddetto consumo moderato sociale. Ci sono 34 milioni di italiani che consumano bevande alcoliche, di cui 12 milioni tutti i giorni. È nella costanza il problema. I danni da alcol sono infatti “dose dipendenti”: meno si beve e meglio è, se non si beve affatto c’è il massimo guadagno per la salute, esattamente come il fumo di sigaretta. Una delle più grosse conseguenze di un consumo costante è purtroppo il cancro».
Un’associazione che spesso viene fatta con il fumo. In che modo alcol e cancro sono collegati?
«La comunità di esperti e scienziati del settore, io compreso, lo ribadiscono da almeno 20 anni. Per tutto questo tempo siamo stati quasi ridicolizzati. Nessuno può credere che l’alcol favorisca i tumori e in particolari settori: testa, collo, cavità orale, esofago, intestino, laringe, fegato e soprattutto mammella femminile. Se una ragazza adolescente, consuma una o due unità alcoliche a settimana, e cioè 12, 24 grammi di etanolo, ha un rischio doppio di sviluppare i tumori della mammella. Se si arriva a 5, 6 unità alcoliche, come può accadere tra il venerdì e il sabato sera, il rischio triplica. Saranno tutte adolescenti che avranno dei seni con un maggiore rischio di sviluppo del cancro della mammella.
Per ciò che riguarda le donne adulte, sia in pre che in post meno pausa, ogni bicchiere di alcol, vino, birra, o superalcolico consumato provoca un aumento del 7% di rischio del cancro della mammella. Se poi si ha predisposizione, la percentuale sale al 27%. Dati allarmanti. Non si tratta di proibire ma di non nascondere più una evidenza scientifica che deve essere conosciuta da più persone possibili: l’alcol è un potente cancerogeno e la seconda causa di morte oncologica subito dopo il fumo».
La Commissione europea poche settimane fa ha fatto passi avanti su questo tema.
«Un passo avanti ma subito uno indietro. Nel codice di prevenzione contro il cancro ha ufficialmente inserito anche la non consumazione di bevande alcoliche: «se vuoi stare lontano dal cancro non bere». Per un passo avanti che è stato fatto, ce ne è stato uno indietro: invece di rimediare subito e mettere anche sulle etichette degli alcolici l’informazione sui danni relativi, la decisione è stata quella di spostare il provvedimento al 2025. La motivazione è stata quella di non ridurre ulteriormente, in periodo di pandemia, la portata del Pil. In Italia 13 miliardi di guadagno deriva dalle vendite di bevande alcoliche. Noi però facciamo i medici.
Se proprio volessimo fare un discorso economico: nell’ultimo studio effettuato si è registrato che il denaro speso per i danni d’alcol in Italia è pari a 25 miliardi all’anno. Per ogni euro che incassano i produttori, ne spendiamo 2 per la salute della nostra gente.
Bere “moderatamente” ci fa sfuggire a tutti i danni?
«Non esiste una moderazione: le sostanze cancerogene vengono distinte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in diversi gruppi. Del gruppo 1 sono tutte quelle che hanno un rapporto causale certo con il cancro. Nel gruppo 2, un rapporto causale possibile. Delle 119 appartenenti al gruppo 1, 3 voci sono dedicate all’alcol: etanolo, acetaldeide, sostanza aromatizzante delle bevande alcoliche, e poi le bevande alcoliche tout court.
Insieme a queste, nello stesso gruppo, sostano sostanze come amianto e benzene. Si può forse parlare di amianto moderato? Allo stesso modo l’etanolo non può essere considerato una sostanza da consigliare a basse dosi. Non siamo certo in uno Stato ascetico ma noi medici siamo chiamati a ricordare che l’alcol è una sostanza cancerogena. Se dico che un bicchiere di alcol fa bene al cuore, come succede in molti casi, sto truffando i pazienti».
Cosa spiegare ai ragazzi sulle loro abitudini alcoliche, spesso apparentemente innocue?
«Spieghiamo a un 15enne cosa succede al suo corpo dopo una serata di binge drinking in cui beve 2 o 4 birre consecutive. Se si tratta di un maschio il giorno dopo avrà i testicoli con produzione di testosterone ridotta del 40%, per le femmine un’alterazione della densità mammaria. Il fegato di entrambe sarà ingrassato e il cervello infiammato.
Per quanto durano queste alterazioni? Il fegato e i testicoli si recuperano in 3 mesi, il cervello rimane infiammato per 10 mesi. Se la pratica viene mantenuta tutte le settimane, come spesso accade, il bere viene normalizzato e la potenzialità biologica del loro organismo viene debilitata progressivamente. È in questo modo che si innescano i processi patologici che a distanza di 5 o 10 anni avranno massima espressione.
Questo il motivo per cui al di sotto dei 25 anni non esiste partita: il consumo d’alcol non è consigliabile in nessun dosaggio. Senza parlare della dipendenza: i giovani under 15 che iniziano a bere hanno il 30% in più di sviluppare dipendenze durante la crescita.
Come comunicare loro nel modo giusto?
«Le cure non vanno bloccate ma a maggior ragione i percorsi di formazione. Con l’Asl della Regione Liguria, dove opero, abbiamo pensato a un book virtuale accessibile a tutte le scuole e ai ragazzi del territorio nazionale. Video di testimonianze dirette, spiegazioni di medici ed esperti, esempi semplici e immediati cercano di introdurre i giovani agli argomenti più topici: alimentazione, bevande alcoliche, droghe, nuove sostanze sintetiche, malattie sessualmente trasmissibili, pericoli del Covid.
La piattaforma della nostra Asl può essere consultata da qualsiasi insegnante per commentare e discutere in classe dei temi che più preferiscono. Il portale realizzato da Patrizia Balbinot permette di coprire il gap di questo periodo di scarsa presenza a scuola, un percorso per i docenti ma anche per tutti i ragazzi che volessero un riferimento più chiaro sui temi che li riguardano.
Uno degli argomenti che abbiamo deciso di inserire è anche quello della cosiddetta cultura vaccinale: con i vaccini salviamo milioni di persone all’anno, ragazzi e adulti devono essere ben informati e formati su un tema oggi più che mai centrale».