Lo sfogo di Carolina Morace: «La nostra società? Omofoba e razzista, in troppi devono nascondersi»
Carolina Morace, 57 anni, è stata la prima donna ad allenare una squadra di calcio maschile nel nostro Paese, la Viterbese in C1. Era il 1999. Una donna determinata, pronta a combattere, che non ha paura di niente e nessuno. C’è, però, una battaglia che sembra essere persa in partenza: «La nostra società è omofoba e razzista – ha detto a Radio anch’io sport su Rai RadioUno – e questo è sotto gli occhi di chi, come me, ha vissuto all’estero. Succede la stessa cosa nella politica e nel giornalismo, c’è ancora gente che si deve nascondere e questo ci fa stare indietro agli altri Paesi nel rispetto delle diversità. Noi siamo un popolo troppo abituato a giudicare se una donna è grassa o bella e questo ci fa rimanere chiusi nel nostro “piccolo mondo”».
«Per poter allenare, noi donne abbiamo bisogno di un background incredibile»
La Morace, ex attaccante della Nazionale, anni fa ha fatto coming out: è sposata con una donna. Ha giocato con la maglia biancoceleste dal 1982 al 1984 e poi dal 1987 al 1989. Oggi, invece, è a capo della squadra femminile della Lazio in serie B. Rivedere una donna su una panchina all’interno di una squadra composta da soli uomini – come è stato nel suo caso – è possibile o resta solo un’utopia? «La rivedremo quando chi sceglierà, lo farà con più attenzione. Per poter allenare, noi donne abbiamo bisogno di un background incredibile». Ad aggravare ancor di più la situazione c’è anche la pandemia: «Il Covid ha causato un danno enorme a tutto il calcio. Oggi vanno tutti a giocare a tennis o a padel e questo è un allarme per il nostro sport».
Foto in copertina: ANSA/Thomas Eisenhuth
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