L’audizione del ministro Franco e la governance del Mef sul Recovery Fund
Dall’audizione del ministro dell’Economia Daniele Franco alle commissioni riunite bilancio, finanze e politiche comunitarie di Camera e Senato per fare il punto sullo stato di avanzamento del Recovery Plan italiano, sono emerse le prime indicazioni sulle strutture che si occuperanno della governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Per il governo la prima audizione del titolare del Mef va considerata come l’inizio di un dialogo durevole e intenso tra governo e parlamento, perché «abbiamo davanti a noi un percorso molto rapido e intenso e su questo dobbiamo interagire strettamente», ha detto Franco.
In base agli ultimi dati del Mef e il regolamento europeo che prende a riferimento il Pil del 2019, l’ammontare complessivo delle risorse destinate all’Italia è leggermente inferiore rispetto alla stima di gennaio: 191,5 miliardi di euro (invece di 209), di cui 69 mld sotto forma trasferimenti (grants) e 127 mld sotto forma di prestiti (loans). La cifra potrebbe variare ancora. Franco ha confermato che la prima parte dei fondi – pari al 13% del totale – arriverà entro l’estate e che l’Italia dovrà portare a compimento tutti gli interventi entro il 2026. Secondo Franco l’impatto sul Prodotto interno lordo può superare il 3%.
Il tempo ormai è davvero poco
Sono rimasti meno di due mesi per finalizzare il Pnrr e consegnarlo alla Commissione europea. Riguardo al programma, Franco ha spiegato che si parte dalla bozza attuale, procedendo con «l’analisi dei contenuti verificando le strategie» e con «l’opportuno disegno delle misure di riforma più urgenti». La sfida è definire un piano «unitario nel metodo e coerente con gli obiettivi». Anche se le parole dicono che il parlamento sarà «intensamente coinvolto», la chiusura del Pnrr riguarderà principalmente il governo e il cerchio più ristretto di ministri tecnici scelti da Mario Draghi.
L’importanza del Recovery Plan italiano
Per l’Italia il Recovery Fund è un passaggio che segna il ruolo del Paese all’interno dell’Unione europea, e il futuro dell’eurozona. «Il Next Generation EU (Ngeu) è un passaggio storico nella costruzione del bilancio europeo comune», ha ricordato Franco. «Per il nostro paese il piano è una occasione molto importante, rende possibile affrontare in modo coordinato e con rilevanti mezzi alcuni problemi strutturali». Una sfida ambiziosa, ha detto il ministro, ricordando ai parlamentari che l’effettiva erogazione dei fondi è subordinata al conseguimento di obiettivi intermedi (milestone) e finali, che vanno definiti fin subito in modo chiaro, realistico e verificabile. In questo senso, il pilastro del Recovery Plan è l’organizzazione che si occuperà della governance.
Una governance su due livelli interconnessi
L’audizione di Franco ha fornito le prime precisazioni sulla struttura «robusta e articolata» che si occuperà della governance del Pnrr, supervisionando tutte le fasi di gestione e attuazione degli interventi, dall’inizio alla fine. Il governo sta lavorando alla definizione di modello organizzativo che individua compiti e responsabilità basati su due livelli di strettamente interconnessi. Il primo livello prevede la costituzione di una struttura centrale di coordinamento presso il Mef, incaricata di supervisionare l’attuazione del piano, affiancata da un’unità di audit indipendente «responsabile delle verifiche sistemiche, a tutela degli interessi finanziari dell’Ue e della sana gestione del progetto».
Per l’Italia infatti sarà di estrema importanza impedire che e il crimine organizzato metta le mani sui fondi europei, un tema più sensibile rispetto al passato dato che i grants del Ngeu sono risorse proprie dell’Unione. L’unità di audit dovrà coordinarsi con l’ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), incaricato di garantire che i piani nazionali soddisfino i requisiti di controllo antifrode, anche svolgendo indagini autonome e indipendenti (anche con agenti sotto copertura).
Per il secondo livello si considera la creazione di presidi di monitoraggio e controllo a livello di ciascun ministero (e non solo), con il compito di interagire sulle misure di rispettiva competenza con i soggetti attuatori (pubblici o privati), Queste strutture decentralizzate si interfacceranno con la struttura centrale del Mef, che avrà il compito di aggregare i dati e le informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori e delle riforme, ai fini della rendicontazione all’Ue e al governo. Infine, sarà prevista la possibilità di assicurare un supporto tecnico specialistico alle amministrazioni incaricate di realizzare gli interventi, anche a livello locale.
Il governo dei governi
Dall’audizione del ministro Franco iniziano a emergere i primi dettagli su questa struttura di “governo nel governo”, che vede il Mef aumentare in maniera significativa il suo potere di controllo e verifica dell’operato degli altri ministeri e delle amministrazioni, con la possibilità di intervenire dove e quando necessario, sia a livello centrale che locale. Una struttura studiata per mettere in sicurezza l’attuazione del Recovery Plan lungo tutto il periodo 2021-2026, anche quando a portarlo avanti saranno i governi che prenderanno il posto del governo Draghi. Tuttavia, una volta che il Pnrr sarà stato presentato a qualcuno non piacerà, e il sistema per la governance verrà contestato come un commissariamento della tecnica sulla politica.
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