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Coronavirus, Crisanti avvisa: «Sopra i 30 mila casi necessario il lockdown totale. Decisiva settimana prossima»

10 Marzo 2021 - 09:09 Redazione
Il professore di Microbiologia dell'università di Padova: «Sono mesi che chiedo di contenere la variante inglese, ma non mi hanno dato retta. Potevamo evitare tanti morti»

Resta ancora da capire se con la nuova stretta all’orizzonte nei fine settimana il governo istituirà una zona arancione o rossa, ma quello che è certo è che nell’esecutivo e tra gli esperti è forte la consapevolezza che non si può più aspettare. Con i casi giornalieri stabilmente attorno ai 20 mila, e un numero di vittime quasi sempre sopra quota 300, misure più stringenti non sembrano più procrastinabili. «È la direzione giusta», dichiara il virologo Andrea Crisanti a La Stampa. Ma «se il contagio supererà i 30 mila casi al giorno bisognerà chiudere tutto. La settimana prossima sarà cruciale».

L’avvertimento di Crisanti sui vaccini

A preoccupare il professore di Microbiologia dell’università di Padova è in particolare il diffondersi della variante «inglese», contro cui il lockdown nel Regno Unito sembra aver funzionato: «Ma le regole devono essere seguite da tutti». Crisanti ribadisce che se fossero stati presi prima i provvedimenti ora al vaglio del governo «avremmo evitato tanti morti e questo mi rattrista. Sono mesi che chiedo di contenere la variante inglese ma non mi hanno dato retta».

«Sputnik? Serve prudenza»

Sul fronte vaccinazioni, Crisanti avvisa: «Ammesso che tra un anno tutti gli italiani siano vaccinati, restano due incognite: la durata dell’immunità e le nuove varianti che potrebbero superare i vaccini. Bisogna prepararsi a questi scenari». E parlando del vaccino russo Sputnik V, di cui saranno prodotte in Italia 10 milioni di dosi, il virologo commenta: «Sulla carta è un vaccino sensato, ma bisogna essere prudenti e aspettare l’Ema (la decisione dell’autorità europea è attesa domani 11 marzo, ndr). Il problema probabilmente è che i russi hanno fatto sperimentazioni poco ortodosse e temono di prestarsi a delle critiche nel pubblicarle».

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