La terapia anti Covid sbagliata dei medici di base dietro l’aumento dei giovani ricoverati a Bologna. L’accusa di tre infettivologi
A Bologna i pronto soccorso cominciano a essere intasati di pazienti, alcuni dei quali molto giovani, che hanno contratto il Coronavirus in forma parecchio aggressiva. L’infezione è dovuta a una cura a base di cortisone iniziata troppo presto prescritta dai medici di base. A segnalare il fenomeno sono stati i primari dell’ospedale Sant’Orsola Pierluigi Viale, Luciano Attard e Fabio Tumietto che hanno chiesto all’Ordine dei medici di diffondere la comunicazione. La terapia in questione, tra l’altro, non coincide con le direttive messe nero su bianco in una circolare dal ministero della Salute.
Per i pazienti Covid che hanno bisogno di cure domiciliari, si legge, l’uso dei farmaci a base di cortisone viene raccomandato solo «nei soggetti ospedalizzati con malattia Covid-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno» mentre l’uso a domicilio «può essere considerato in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, se in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia». Ma soprattutto, usare il cortisone troppo in anticipo «potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria sviluppata».
La lettera all’Ordine dei medici
Nella lettera inviata dai tre primari all’Ordine, e riportata da Today Scienze, si legge: «I medici di medicina generale - scrivono Pierluigi Viale, Luciano Attard e Fabio Tumietto – devono essere consapevoli della loro responsabilità nel momento in cui si avventurano in tale e altre prescrizioni fuori dalle linee guida». Viene poi spiegato che «nei Pronto soccorso di tutta Bologna stanno arrivando pazienti, anche giovani, con Covid-19 severo che hanno quale unico fattore di rischio il fatto di avere iniziato la terapia con cortisone prematuramente».
Per i primari del Policlinico è essenziale che i medici di base siano a conoscenza di un fatto, e cioè che «un trattamento con cortisone iniziato entro sette giorni dall’esordio dei sintomi favorisce la replicazione virale e quindi l’infezione e le sue conseguenze». Questi pazienti, tra l’altro, «dovrebbero essere ricoverati in ospedale se, per condizioni di base, eleggibili a trattamento intensivistico».
Leggi anche:
- I dubbi dei medici di base sulle vaccinazioni anti-Covid: «Non cominciamo se non ci sono le dosi». E c’è chi si sfila
- Coronavirus, c’è l’intesa sui vaccini tra medici di base, governo e Regioni: «Pronti in 35 mila»
- Vaccini, si spaccano i medici di base. Rossi (Ordine di Milano): «Troppi rischi». Crisarà (Fimmg Veneto): «Allora che ci siamo vaccinati a fare?»
- Vaccini, oltre mezzo milione di dosi somministrate in tutta Italia. In Lombardia accordo con i medici di base
- Il governo comincia ad ascoltare Crisanti? Arcuri punta a 200 mila tamponi al giorno. La promessa: «Test rapidi dai medici di base»