Il Pd nasconde la polvere sotto il tappeto: l’assemblea evita il dibattito su Zingaretti e la crisi del partito e incorona Letta. Sarebbe questo il nuovo corso?
Doveva essere una due giorni, l’assemblea del Partito democratico, convocata per votare il nuovo segretario, ma si è contratta in una sola giornata. Anzi, basterà una mattina per il passaggio di testimone da Nicola Zingaretti a Enrico Letta. Non ci sarà un dibattito, non ci sarà una lista serrata di interventi: «Lo statuto non lo prevede», è la spiegazione ufficiale. In realtà, sarebbe bastato convocare una seconda assemblea nel pomeriggio per permettere agli oltre mille delegati nazionali di confrontarsi sul futuro del partito. Invece, il 14 marzo alle 9.30 la presidente del Pd, Valentina Cuppi, aprirà i lavori con il suo discorso introduttivo sulla situazione del partito. Subito dopo annuncerà la raccolta firme per sostenere la candidatura di Letta.
Sarà questo il momento per comunicare i nomi di altri eventuali candidati – potrebbe sbucare una candidatura femminile -, ma che non creerebbero problemi alla nomina dell’ex premier. Dopo l’operazione di raccolta e controllo firme, alle 11.30 è prevista la lettura dei risultati. Un quarto d’ora più tardi, Letta terrà il suo discorso di presentazione all’assemblea. Alle 12.30 dovrebbe iniziare la votazione online. Asciugato il tempo dello scrutinio data la natura del voto elettronico, alle 13.30 sarà proclamato il nuovo segretario.
Tutto fila liscio verso l’investitura di Letta. Il nuovo segretario, nel post su Facebook nel quale ha annunciato di accettare l’incarico, ha spiegato che non cercherà l’unanimismo. Ma alla prima occasione l’unanimismo, o quasi, gli è piovuto addosso lo stesso: le correnti, raramente così compatte, si sono appiattite sugli endorsement all’ex premier, fioccano le firme necessarie alla sua candidatura e Zingaretti viene salutato e ringraziato anche dai suoi principali detrattori interni al Pd. Senza discutere delle critiche che ha mosso al partito, fino al “Mi vergogno”.
Come spesso è accaduto in passato, la scelta sembra quella di nascondere la polvere sotto il tappeto. Né a qualcuno è sembrato strano che si elegga un nuovo segretario senza discutere di quel che vuol fare e di quel che pensa della crisi del Pd. Non un buon inizio per il “nuovo” corso. Le sottoscrizioni raccolte in vista dell’assembla di domani provengono da tutte le aree del partito: i gruppi vicini a Franceschini, Ascani, Orlando, Delrio, Martina, Orfini, Cuperlo e allo stesso Zingaretti hanno consegnato un notevole numero di firme, almeno 600. Di queste, 260 quelle che appartengono alla corrente Dems di Orlando, 92 raccolte da Fianco a fianco di Martina.
Base riformista, invece, guidata dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini e dal deputato Luca Lotti non ha avviato nessuna raccolta: «Non vogliamo mettere in difficoltà il segretario con documenti di parte», hanno spiegato fonti della corrente. Tuttavia, Letta conterà anche sul loro sostegno a domani. Piovono firme, dunque, ma si prosciuga il dibattito nel partito: il Pd non avrà altro segretario all’infuori di Letta.
Benché la navigazione dell’ex premier possa sembrare tranquilla, gli scogli cominceranno a emergere nelle prossime settimane: il neo-segretario dovrà fare i conti con la composizione della segreteria, posti e potere da affidare a una squadra larga, ma non abbastanza per accontentare tutti. E sarà allora che le correnti torneranno ad agitarsi.
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