Recovery Fund, Paesi in ritardo con i piani: l’erogazione dei soldi rischia di slittare a dopo l’estate
Secondo la Commissione europea, i Recovery Plan presentati finora richiedono ancora molto lavoro per soddisfare i requisiti richiesti, mentre in diversi Paesi la stesura dei piani sta incontrando difficoltà che mettono in dubbio il rispetto dei tempi concordati per l’avvio del Next Generation EU (Ngeu). Il termine di consegna è il 30 aprile, dopodiché la Commissione avrà tempo fino a fine giugno per l’approvazione definitiva, e solo a quel punto il denaro inizierà a fluire nell’economia. Il trasferimento della prima tranche – pari al 13% del totale – rischia di arrivare in ritardo.
La maggior parte degli Stati membri è ancora molto indietro, alcuni Paesi non hanno presentato neanche una bozza. Le Capitali puntano il dito contro i parametri imposti dalla Commissione, che obbligano i governi a impegnarsi a fare delle riforme in base alle raccomandazioni specifiche inviate a ogni Paese a maggio dell’anno scorso. Parametri che sono causa di conflitti nei parlamenti e nei governi. Secondo le fonti di Bruxelles, tra i Paesi con un Recovery Plan giudicato inferiore alle aspettative c’è la Germania, mentre quelli di Grecia e Spagna sono considerati buoni e in fase avanzata.
La presunta inefficienza tedesca non deve sorprendere, per Berlino il Ngeu non rappresenta uno stimolo economico rilevante (28,8 miliardi di sovvenzioni). Al contrario, imporsi il vincolo di un impegno a fare alcune riforme risulta controproducente e divisivo. Questo dice molto su quanto siano a rischio l’efficacia e le possibilità di successo del Recovery Fund. Inoltre, finora solo un terzo degli Stati membri ha ratificato in Parlamento la decisione sulle risorse proprie, atto necessario per consentire all’Ue di finanziare il Recovery Fund. Secondo quanto promesso dai governi, il processo dovrebbe essere completato entro la fine di aprile. Anche in questo caso però basta il ritardo di un Paese per rallentare tutta il processo.
Attesa per il Recovery Plan italiano
Riguardo all’Italia, la Commissione attende. A Roma il ministero dell’Economia ha inviato alle camere un testo aggiornato del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Secondo l’Ansa, nella nuova bozza vengono riportate gran parte delle milestone richieste dalla Ue, ovvero la tabella di marcia entro cui realizzare progetti, obiettivi e riforme. Altri capitoli sono ancora in via di sviluppo, ma questa dovrebbe essere l’ultima versione del Recovery Plan italiano, il più atteso. Come è noto, infatti, l’Italia è il principale beneficiario dell’operazione Ngeu.
Piani sofisticati e ambiziosi, forse troppo
La ragione principale di tanta lentezza è la cura richiesta alla stesura dei piani di rilancio, necessaria perché il Ngeu non punta solo a superare la crisi, ma ad aumentare il potenziale di crescita a lungo termine degli Stati membri. Il denaro deve finanziare progetti e investimenti rispettosi dei parametri ambientali, degli obiettivi di transizione digitale, nonché (procedura molto complicata) da revisioni economiche strutturali per riforme in settori quali il mercato del lavoro e il sistema pensionistico.
Per la Commissione il Ngeu è il banco di prova per la creazione di uno strumento di finanziamento permanente, l’attenzione nel definire piani di rilancio così dettagliati e vincolanti serve a garantire che il denaro venga speso bene. Uno spreco di soldi potrebbe danneggiare in modo permanente la reputazione dell’Ue, e seppellire per sempre le ambizioni di un bilancio comune. Tuttavia, anche un ritardo nella partenza del Recovery Fund, combinato alla pessima gestione della filiera dei vaccini, darebbe un colpo fatale alla credibilità dell’Unione. Aver sovraccaricato di ambizione il Ngeu rischia di rivelarsi una scelta controproducente.
Il ritardo dell’Europa rispetto all’America
La lentezza nella “creazione” del Recovery Fund rischia di rallentare l’intera ripresa dell’Unione, aggravando il ritardo dell’economia europea rispetto alle altre economie avanzate. Mentre la palude dei ritardi nelle campagne vaccinali obbliga i governi a imporre ulteriori restrizioni, le risorse del Ngeu sono ancora solo una promessa sulla carta. La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno approvato un piano di aiuti da 1.900 miliardi di dollari (1.589 miliardi di euro), denaro che arriverà nei conti correnti nei prossimi giorni.
Si tratta del terzo piano di aiuti all’economia statunitense, che insieme alla campagna vaccinale che procede a pieno regime darà un’ulteriore spinta alla ripresa, con un ritmo molto più veloce e sostenuto rispetto all’Europa. Nella migliore delle ipotesi, l’economia dell’Ue ritornerà alla dimensione pre-pandemia solo nel 2022 (e con i soliti squilibri interni), un intero anno di ritardo rispetto agli Stati Uniti.
Leggi anche
- L’Unione europea ha paura del greenwashing: ecco le nuove linee guida sugli investimenti verdi
- Aiuto di emergenza o solidarietà permanente? Il Recovery Plan italiano sorvegliato speciale dai Paesi frugali
- Il Pil italiano crescerà del 3,4% nel 2021. Ma le previsioni Ue non considerano l’impatto della disoccupazione
- L’audizione del ministro Franco e la governance del Mef sul Recovery Fund
- La Recovery and Resilience Facility è stata approvata. Il nuovo corso della Lega in Europa e la sovranità della Commissione sul Recovery Fund
- Draghi blinda l’euro: «Non c’è sovranità nella solitudine». Tra gli applausi in Aula si alza qualche mugugno – Il video