Per la prima volta due squadre di ricercatori hanno creato un embrione simile a quello umano partendo da cellule riprogrammate
Due studi, anzi tre. Un’università in Australia, una negli Stati Uniti e una in Israele. Il soggetto degli studi è lo stesso: gli embrioni. Sull’ultimo numero della rivista scientifica Nature sono stati pubblicati i risultati di due studi indipendenti che dimostrano come sia possibile ottenere una copia degli embrioni umani in laboratorio partendo da cellule staminali o da cellule della pelle riprogrammate. Questi embrioni non sono esattamente uguali a quelli umani ma potrebbero diventare fondamentali per studiare meglio le prime fasi dello sviluppo umano e per lavorare alla ricerca di nuove terapie.
Tecnicamente si chiamano “blastoidi”. Le due università coinvolte in questa ricerca sono la Monash University di Melbourne e il Southwestern medical Center dell’Università del Texas. La Monash University ha riprogrammato cellule provenienti dalla pelle umana e le ha coltivate con una tecnica che ha permesso di trasformarle in un blastoide. Il gruppo di ricerca era coordinato da Jose Polo, che spiega:
«Questa ricerca permetterà di studiare le primissime fasi dello sviluppo umano, facendo luce su alcune delle cause di infertilità e malattie congenite, e consentirà di valutare l’impatto di sostanze tossiche e virus sugli embrioni, senza dover usare vere blastocisti umane e soprattutto con un dettaglio senza precedenti, accelerando lo sviluppo di nuove terapie».
I ricercatori dell’Università del Texas invece sono partiti da cellule staminali. A guidare questo progetto è stato Jun Wu, uno specialista di questa tipologia di cellule che ha cominciato i suoi studi alla Shandong University school of Medicine, in Cina. In entrambe le ricerche pubblicate su Nature è chiaro che gli embrioni così ottenuti non possono trasformarsi in veri embrioni umani.
Il primo embrione di un mammifero coltivato fuori dall’utero
Il dipartimento di genetica molecolare del Weizmann institute of Science, a Rehovot in Israele, ha ottenuto invece un risultato storico per gli embrioni di mammifero. Per la prima volta infatti i suoi scienziati sono riusciti a coltivare un embrione di topo fuori dall’utero materno. Tutto a una temperatura di 37 gradi Celsius. Al momento questi embrioni hanno superato gli 11,5 giorni di vita. La gestazione dei topi dura in media 19 giorni. A guidare la ricerca è stato Jacob Hanna. Fino a questo momento era stato possibile far crescere un ovulo fuori da un utero solo per i primi giorni dopo la fecondazione.
Jacob Hanna ha spiegato tutto il processo alla testata israeliana Haaretz: «Siamo riusciti a comprendere l’intero processo. In effetti, stiamo già riuscendo a collegare tutti i punti del lasso di tempo, inclusa la fase di impianto, ma lo conserviamo per il nostro prossimo articolo». Hanna ha spiegato anche quali potrebbero essere gli sviluppi futuri di questa ricerca:
«La fecondazione in vitro è un processo che ci accompagna da decenni. Sappiamo anche come affrontare il periodo alla fine dello sviluppo: i feti prematuri vengono lasciati crescere nelle incubatrici. L’unica cosa rimasta è colmare il divario tra questi due poli dello sviluppo. Ora lo abbiamo ridotto dimostrando che è possibile far crescere un embrione fino alla fine del primo periodo di sviluppo. Ovviamente le condizioni devono essere adattate a un embrione umano, ma a mio parere è del tutto possibile».
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