Quando finirà la terza ondata? Le previsioni degli esperti: i primi segnali entro Pasqua, quali regioni sperano di riaprire
L’Italia alle prese con la terza ondata della pandemia di Coronavirus ha registrato il 17 marzo il record di nuovi ingressi nei reparti di terapia intensiva con 324 ricoveri, un numero che non era mai stato raggiunto da quando questo dato viene comunicato nel bollettino quotidiano del ministero della Salute. Il 18 marzo lo stesso dato è sceso a 249, ma il tasso di positività è salito al 7% dal 6,2% del giorno precedente. Il rosso e l’arancione sono al momento i colori dominanti nella mappa del Paese, ma quando verrà raggiunto il picco? Ed è possibile ipotizzare che prima di Pasqua qualche regione possa cambiare fascia di rischio, virando sull’arancione o addirittura sul giallo?
«Questa è una domanda impossibile», risponde Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica all’Università statale di Milano, «innanzitutto perché è una decisione politica». E poi, quand’anche ci fosse la volontà politica di allentare le restrizioni, «affinché una regione possa passare dal rosso all’arancione, deve rispettare una serie di criteri». E cioè: uno scenario di tipo 1 e un livello di rischio (composto da 21 parametri) alto, uno scenario di tipo 2 e un livello di rischio almeno moderato, un’incidenza di positivi ogni 100 mila abitanti inferiore a 250.
Di sicuro, come ha notato Fanpage, nessuna regione potrà diventare gialla a partire da lunedì prossimo, perché il governo Draghi ha sospeso per decreto questa fascia fino al 6 aprile. Dunque, se anche un territorio dovesse avere i numeri “giusti”, resterebbe comunque in arancione almeno fino a dopo Pasqua. «Detto questo», aggiunge La Vecchia, «Pasqua è vicina ma non vicinissima, mancano due weekend e per quanto riguarda il passaggio da rosso ad arancione è impossibile fare previsioni».
Contagi in aumento dell’8%
Di sicuro c’è solo che l’andamento generale dell’epidemia «in Italia è ancora in crescita, anche se meno che in precedenza». Nell’ultima settimana i contagi «sono aumentati in media dell’8%, nella settimana precedente del 15%, in quella ancora precedente del 31%». La conclusione, per La Vecchia, è chiara: «È molto probabile che raggiungeremo una condizione di livellamento, ovvero di picco e di plateau, entro Pasqua. Ma non mi aspetto cambi di colore entro questo termine».
Certo, alcune regioni che sono in una fase più avanzata della terza ondata, per esempio la Lombardia, secondo il professore «potrebbero raggiungere il livellamento prima di Pasqua». Il governatore Attilio Fontana ci spera, ma occorre ricordare che ancora il 17 marzo «questa regione aveva un’incidenza di 328 casi ogni 100 mila abitanti, ben oltre la soglia di 250» che fa scattare la zona rossa. Anche Abruzzo e Umbria, che già a febbraio erano alte nei contagi, potrebbero raggiungere il picco entro Pasqua.
Numeri bassi solo nelle isole
La Campania, invece, è alta in questi giorni e secondo La Vecchia «al momento non è in una buona situazione». Al contrario, la provincia autonoma di Bolzano è già drasticamente scesa, mentre quella di Trento è ancora in difficoltà. La Toscana rischia di diventare rossa e il Molise potrebbe passare in arancione. Conclude La Vecchia: «Le uniche regioni davvero basse sono le isole, il resto d’Italia ha cicli che possiamo sperare si livellino ad aprile, anche grazie alla partenza della campagna vaccinale di massa».
Anche per la professoressa Gloria Taliani, ordinaria di Malattie infettive all’Università La Sapienza di Roma, è difficile fare previsioni, perché l’epidemia «si muove in modo estremamente capriccioso». A determinarne l’andamento è il bilanciamento quotidiano tra nuovi contagiati – che vanno a riempire il “serbatoio” dei soggetti attualmente positivi – e individui che invece guariscono e dunque ne escono. Spiega Taliani: «Prendiamo per esempio il Lazio, che in questo momento è rosso. Il 17 marzo la variazione dei soggetti attualmente positivi è in crescita a 855, mentre quella dei guariti è più bassa, sotto i 600».
Poiché le variazioni dei positivi negli ultimi giorni sono state complessivamente alte, guardando soltanto a questo dato non ci sarebbe motivo per pensare a un cambio di colore: «Eppure il 17 marzo il numero dei guariti è aumentato. Poiché però il numero degli attuali positivi si mantiene elevato, anche se i guariti aumentano c’è poco da fare». Un’eventuale rimodulazione delle restrizioni sul territorio regionale dovrebbe infatti essere basata su un rischio ridotto che andando in giro per strada si possa contrarre l’infezione. Stessa cosa si può dire per l’Abruzzo, dove pur in costanza di contagi giornalieri, i guariti sono in crescita.
Fatta questa dovuta premessa, per Taliani l’ipotesi di un temporaneo allentamento delle misure restrittive prima di Pasqua non è remota: «Molti osservatori esterni se la aspettano e la auspicano anche. Io onestamente non saprei cosa dire, anche perché il messaggio rivolto ai cittadini deve essere coerente. L’effetto yo-yo non va bene, non saprei come spiegare una rimodulazione prima di Pasqua per poi tornare subito dopo a lockdown più stringenti».
Taliani: «Servono restrizioni su base provinciale»
Piuttosto, secondo la professoressa, la strada giusta che i decisori politici dovrebbero prendere in considerazione è un’altra: «Anziché focalizzarsi sulle regioni, bisognerebbe puntare sulle province. Il punto vero è ridefinire i margini delle zone ad alto rischio con un criterio geografico più ristretto, perché la situazione all’interno delle singole regioni non è affatto omogenea». Gli esempi non mancano: «In Emilia-Romagna abbiamo Forlì che registra 567 casi settimanali e Ferrara che ne registra 337. Bologna con 550 casi e Piacenza con 132». Nel Lazio «Frosinone oggi è al top del rischio epidemico, mentre Viterbo ha 1/3 dei suoi casi. Perché tutto il Lazio deve risentirne?». In Campania «Salerno ha 447 casi e Benevento 170», mentre in Puglia abbiamo «Bari con 342 casi e Lecce con 166».
Insomma, il concetto è chiaro: se si vuole far respirare l’economia e allentare dove possibile le restrizioni per i cittadini, occorre entrare nei dettagli e lavorare di fino, con decisioni molto precise prese a livello di Stato centrale. Conclude Taliani: «Le iniziative andrebbero modulate su base più locale. E teniamo conto che l’ambito provinciale non sarebbe affatto troppo piccolo, parliamo di grandi città capoluogo con i loro agglomerati… Se si vuole ridare al Paese una certa vivacità, occorre necessariamente comportarsi in modo più definito».
«La terza ondata? Ne usciremo entro la fine dell’estate»
Ma quando l’Italia potrà davvero dire di essersi lasciata alle spalle la terza ondata? La professoressa si lancia in una previsione: entro la fine dell’estate. La sua ipotesi è basata sull’andamento dell’epidemia nel 2020, con in più l’arma dei vaccini di massa: «Se l’anno scorso, senza presidi esterni se non la spinta climatica, nella primavera avanzata c’è stato un declino dei contagi, possiamo immaginare che nel 2021 accadrà la stessa cosa. Anche grazie ai vaccini, la platea degli immuni sarà più ampia. E si spera così di poter limitare la circolazione del virus. Se tutte le tessere del puzzle andranno al loro posto, con 500 mila somministrazioni di vaccino al giorno, la riapertura delle scuole a settembre non dovrebbe creare gli stessi problemi che ha creato quest’anno».
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