Dopo le sanzioni europee, la Cina va a caccia di alleati in Medio Oriente: Bin Salman ed Erdogan in prima fila
È iniziato ieri dall’Arabia Saudita il viaggio di una settimana del ministro degli Esteri cinese. Una visita, quella di Wang Yi, che arriva a pochi giorni dalla decisione dell’Ue di sanzionare quattro ufficiali cinesi ritenuti responsabili del sistema di detenzione e repressione degli Uiguri nella Regione dello Xinjiang. L’Unione Europea ha adottato tali sanzioni «sulla base di menzogne e disinformazioni fabbricate ad arte in chiave anti-Cina. Facciamo appello alla controparte europea perché corregga gli errori commessi», ha commentato ieri l’ambasciatore cinese in Italia attaccando direttamente la Farnesina.
Nell’incontro avvenuto a Riad, Wang ha però trovato pieno appoggio sulla questione uigura dal principe Mohammed Bin Salman, il quale ha ribadito che l’Arabia Saudita sostiene fermamente «la posizione legittima della Cina sulle questioni relative allo Xinjiang e a Hong Kong». Una dichiarazione che non stupisce visto l’apertura che la Cina ha avuto verso l’Arabia Saudita negli ultimi anni. Nel 2019, Bin Salman si è assicurato un lucroso accordo con Pechino dal valore di 28 miliardi di dollari. Lo scorso anno Riad è diventata il primo partner petrolifero della Cina, superando la Russia per volume di esportazioni di greggio verso Pechino.
Bin Salman alleato dell’Occidente e amico di Renzi?
Nello stesso giorno, in Italia, invece, Matteo Renzi ha espresso la piena condanna dell’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Almeno così ha dichiarato ieri il leader di Italia Viva. Condanna sì, ma non della persona che Onu e Cia considerano il mandante di quell’omicidio: il principe saudita Mohammed Bin Salman. Mettendo in discussione le indagini condotte dal dipartimento di Stato americano, dopo aver definito Bin Salman un alleato dell’Occidente, Renzi ha ribadito che il principe ereditario è un suo amico, per poi aggiungere: «Neanche gli Usa sono sicuri che sia lui il mandante». Affermazione che arriva proprio nel giorno in cui l’alleato Bin Salman ha applaudito la Cina per le sue politiche di “antiterrorismo” contro gli Uiguri dello Xinjiang.
La questione uigura
Con i legami con Washington sempre più ai ferri corti, e una Europa che, pur alla ricerca di un’indipendenza strategica, ha ormai lasciato alle spalle le divergenze con l’ex presidente americano Donald Trump, la Cina guarda al Medio Oriente per rafforzare la sua presenza e influenza nella Regione. Dopo Riad, Wang è arrivato oggi ad Ankara dove ha incontrato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu che, proprio in merito alla questione uigura, ha usato più cautela rispetto al pieno sostegno di Riad. Cavusoglu ha espresso “preoccupazione” per le sorti della minoranza turcofona.
La questione uigura è una delle più spinose nel rapporto tra la Turchia e alla Cina, proprio nell’anno in cui i due Paesi celebrano 50 anni dall’inizio della loro cooperazione, a causa dell’accordo sull’estradizione ratificato da Pechino che nelle prossime settimane potrebbe ottenere anche il via libera dal Parlamento turco. L’accordo permetterebbe la deportazione di persone nell’ambito di una cooperazione giudiziaria che – anche se non espresso direttamente – coinvolgerebbe gli Uiguri. Per questo, la decisione di Bruxelles di sanzionare Pechino, ma non Ankara, promettendo invece nuovi fondi alla Turchia per la gestione dei flussi migratori, mostra un doppio standard frutto di una politica estera ancora troppo confusa.
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