I numeri in chiaro, Pregliasco: «Non abbiamo ancora superato il picco. Oggi è meglio chiudere che aprire» – Il video
L’Italia non ha ancora superato il picco della terza ondata ed è sbagliato pensare oggi a un allentamento delle misure restrittive prima di Pasqua, perché sarebbe un rischio che le regioni interessate possono finire per pagare caro. Questa la linea del virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’istituto Galeazzi di Milano, che ha commentato per la rubrica Numeri in chiaro gli ultimi dati sull’evoluzione dell’epidemia di Coronavirus nel nostro Paese: «In questo momento è meglio chiudere che aprire, proprio per poter confermare un andamento in tendenziale miglioramento e governare la campagna vaccinale».
I numeri di oggi «testimoniano un andamento a plateau e si registrano purtroppo moltissimi decessi: 460, una cifra imponente che ci riporta alla prima ondata e alla quale per certi versi ci siamo abituati. Questo non va bene», prosegue Pregliasco, «tant’è che poi, anche a causa delle difficoltà di comunicazione incontrate dal vaccino AstraZeneca, molti vedono di più la presunta e non vera pericolosità del vaccino rispetto all’evidenza statistica di una mortalità almeno del 2%».
Sui vaccini «una guerra tra poveri»
Secondo il professore, rispetto alla scorsa settimana la velocità di crescita del contagio si è leggermente ridotta, passando da 23.696 nuovi positivi a 24.935 (-1.239). Ma non siamo affatto in una situazione post picco: «Siamo anzi in un climax e vedremo domani» quali saranno i risultati del monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità e le successive decisioni sulle fasce di rischio delle regioni da parte del governo. Ma per Pregliasco è meglio essere prudenti.
Quanto alle difficoltà dell’Unione europea sul fronte dell’approvvigionamento delle dosi e della loro ripartizione fra i singoli Stati membri, secondo il virologo «c’è un evidente sovranismo vaccinale, ogni nazione vuole di più e da noi accade lo stesso anche a livello regionale, ci si guarda in cagnesco ma è una guerra fra poveri in una situazione di carenza oggettiva di vaccini». Per reagire, servono meccanismi di redistribuzione «il più possibile trasparenti e che tengano conto dell’equità». Perché solo così i cittadini europei, italiani compresi, potranno sentirsi davvero protetti: «Non dico che si faranno una ragione dello stare in coda, ma almeno avranno una rassicurazione. Cosa che in questo momento manca».
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