Perché la variante «nigeriana» isolata anche in Italia non è ritenuta preoccupante
Secondo il virologo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia e direttore del Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili di Brescia, «per la prima volta in Italia abbiamo isolato il virus portatore di queste mutazioni che preoccupano perché potrebbero conferire resistenza ai vaccini anti Covid oggi disponibili». Non di meno, la variante «nigeriana» (B.1.525) osservata per la prima volta in Italia nella città lombarda, non ha dato alcun indizio significativo di pericolosità. Un altro caso riguarderebbe un sedicenne in Sicilia. Ed è probabile che ne vengano rilevati diversi altri nei prossimi giorni.
Come spiegavamo in un articolo precedente, le varianti del nuovo Coronavirus sono in gran parte «variants of interest» (VOI). Vale a dire che non devono preoccuparci, perché non emergono indizi sostanziali di una particolare capacità di causare forme gravi di Covid-19. Ed è proprio tra le VOI che troviamo il lignaggio B.1.525 nella tabella dei CDC americani.
Perché la variante Nigeriana non è preoccupante
Maggiori preoccupazioni vengono dalle «variants of concern» (VOI): B.1.1.7 (variante inglese); B.1.351 (un lignaggio della variante sudafricana chiamata «scozzese»); P.1 (variante brasiliana). Al momento la variante inglese è quella che mostrerebbe più indizi di una potenziale pericolosità. Nessuna variante Covid si è rivelata significativamente capace di eludere l’efficacia dei vaccini.
Il lignaggio B.1.525 presenta la mutazione «E484K», che ha mostrato maggiori indizi riguardo a una potenziale capacità di sfuggire agli anticorpi nelle varianti VOC. Questi corredi di mutazioni che formano le varianti, ci interessano nella misura in cui vanno a modificare una parte della glicoproteina Spike (S), ovvero l’antigene che il virus utilizza per attaccare le cellule, a sua volta il bersaglio del nostro Sistema immunitario, per riconoscere il patogeno e neutralizzarlo.
Come suggerisce il nome, la variante è apparsa per la prima volta in Nigeria arrivando a rappresentare nel Paese il 20% dei genomi virali sequenziati. Si conoscono diversi casi anche negli Stati Uniti (soprattutto a New York), nel Regno Unito e in Francia; in tutto a livello mondiale se ne contano oltre duecento. Come spiega il professor William A. Haseltine su Forbes, questa variante ha ulteriori mutazioni che la rendono simile a quella inglese.
Tuttavia, a differenza della mutazione britannica, per B.1.525 non abbiamo evidenze dirette di una maggiore trasmissibilità. Per altro non condivide lo stesso genere di mutazioni trovate in quella sudafricana. Il problema in generale sembra quello di contenere le condizioni che favoriscono la diffusione del virus nel Continente, come la presenza di popolazioni soggette già ad altri patogeni.
Foto di copertina: WiR_Pixs | Varianti Covid.
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