Vaccini, verso l’obbligo per il personale sanitario. Confermato lo scudo legale per i medici vaccinatori
Il governo Draghi sta lavorando a un decreto legge per rendere obbligatorio il vaccino anti-Coronavirus per il personale sanitario. Non per tutti i lavoratori di questo settore, però, ma solo per chi lavora a contatto con i pazienti. Nella scrittura del testo, che di fatto è stato annunciato dal premier Mario Draghi oggi, 26 marzo, in conferenza stampa, oltre alla presidenza del Consiglio dei ministri, sono coinvolti anche il ministero della Salute, quello della Giustizia e quello del Lavoro.
Per evitare il proliferare di contenziosi legali, il governo starebbe inoltre valutando di dare un’alternativa agli operatori sanitari che, pur lavorando a contatto con i pazienti, decidessero comunque di rifiutare il vaccino. L’alternativa consisterebbe in un cambio di mansione, ragion per cui alla stesura del provvedimento stanno partecipando anche i tecnici del ministero del Lavoro. Allo stato si tratta ancora di una bozza. Non si esclude però che il provvedimento possa approdare già la prossima settimana al Consiglio dei ministri.
Secondo le anticipazioni pubblicate dall’agenzia di stampa Ansa sarebbe confermato lo scudo penale per i medici e gli infermieri che sono impegnati nelle somministrazioni. Gli unici casi per cui non sarà valido lo scudo sono quelli in cui verrà accertata una forma di colpa grave. Oltre a questo, nel decreto legge ci sarà anche un ampliamento degli indennizzi per chi subirà una lesione permanente a seguito del vaccino.
La sentenza del Tribunale di Belluno
Sulla questione della vaccinazione del personale sanitario, due giorni fa, è intervenuto il Tribunale di Belluno, che ha stabilito che il datore di lavoro può disporre l’allontanamento di un dipendente che rifiuta la somministrazione del farmaco anti-Covid e che opera a contatto con altre persone. Il giudice è stato chiamato a intervenire sulle ferie forzate retribuite imposte a 10 operatori sanitari di due Rsa che avevano detto no alla vaccinazione.
La sentenza, tuttavia, si addentra nell’ipotesi di decisioni più dure, come la sospensione senza retribuzione o addirittura il licenziamento. Alla luce del mancato rischio evidente di provvedimenti più gravi, il giudice si è infatti limitato a confermare che il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure che, «secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica», sono necessarie a tutelare non solo l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, ma anche delle altre persone che, in ambito lavorativo, entrano in contatto con loro.
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