La svolta verso la normalità ad agosto con almeno 250 mila dosi al giorno. Lo studio Iss-ministero: senza vaccini 80% di morti in più
La migliore delle ipotesi possibili è che si torni alla normalità ad agosto prossimo. È la previsione scientifica fatta dallo studio del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità, insieme alla Fondazione Bruno Kessler, che stabilisce tra 5 mesi la possibilità di arrivare all’attesa luce in fondo al tunnel. Agosto 2021 sarebbe lo scenario migliore possibile per la svolta, da poter raggiungere però solo a determinate condizioni. Riportare al più presto i contagi di Covid-19 a un tasso di incidenza al di sotto dei 50 casi per 100 mila abitanti, oggi sopra i 200 in diverse Regioni d’Italia, garantire un ritmo di 500 mila somministrazioni di vaccino al giorno, tenere l’Rt non superiore a 1. Queste le principali linee guida per arrivare a un tasso di decessi simile a quello provocato dall’influenza e consentire una graduale riapertura di attività e servizi. Quali sarebbero gli scenari con una somministrazione più lenta? Quali quelli garantiti da un’immunità vaccinale valida per meno di 12 mesi?
Fino ad agosto 4 dosi per 1000 abitanti al giorno
Attualmente il ritmo di somministrazione giornaliere dei vaccini anti Covid viaggia a circa 250 mila iniezioni ogni 24 ore. Se si mantenesse come minimo questa velocità, andando a crescere e garantendo il recupero degli enormi ritardi avuti fin dai primi momenti, la campagna vaccinale potrebbe chiudersi prima della fine dell’anno 2021. Si eviterebbe circa l’80% dei potenziali decessi calcolati senza la presenza dei vaccini. Sempre nei dettagli dello scenario migliore possibile, si potrebbe arrivare poi a una situazione di totale Covid free esattamente tra un anno, nel marzo 2022. Riguardo a una delle varianti fondamentali dello scenario, e cioè il ritmo di vaccinazione, lo studio ipotizza la somministrazione di 4 dosi di vaccino al giorno per ogni 1000 abitanti, quindi 240 mila iniezioni al giorno a partire dallo scorso gennaio. L’ipotesi è anche quella di una copertura del 75% della popolazione, con una priorità garantita alle fasce più deboli e una protezione da parte dei vaccini non solo dalla malattia e quindi dai sintomi ma anche dall’infezione vera e propria.
Con 2 dosi ogni 1000 abitanti
Ipotizzando condizioni meno ideali rispetto a quelle stabilite inizialmente, lo studio calcola i tempi di campagna vaccinale se il ritmo garantito fosse quello di 2 dosi ogni 1000 abitanti, la metà del ritmo ideale. Il piano di somministrazione del governo andrebbe avanti per 2 anni, con un aumento della mortalità e un allentamento delle restrizioni possibile a fine 2022.
L’incognita dell’immunità da vaccino
Se sul ritmo di somministrazione da raddoppiare sarà il governo a dover agire in maniera determinante, su una delle altri principali condizioni non riuscirà ad avere molta voce in capitolo. Il nodo è quello della durata dell’immunità garantita dai vaccini. Se infatti durasse 6 mesi o comunque meno di un anno, a partire almeno dal prossimo autunno ci sarebbe l’urgenza di contenere un’ulteriore ondata e quindi di nuove misure restrittive. Senza contare il rischio di mortalità che diventerebbe il quadruplo rispetto a quello previsto nello scenario ideale. Al problema della breve durata dell’immunità però per gli esperti potrebbe essere trovata una soluzione: «Se la prima campagna vaccinale durasse 13 mesi anche con una copertura breve sarebbe possibile avviare una seconda campagna di vaccinazione mantenendo comunque l’epidemia sotto controllo».
Anche in questo caso dunque la rapidità del ritmo di vaccinazione si dimostra determinante. «Se c’è tale condizione» evidenziano anche gli scienziati, «ci si può aspettare il ritorno a uno stile di vita identico a quello pre-pandemia nel giro di 7-15 mesi a partire dallo scorso gennaio nella maggior parte degli scenari». L’analisi mette però in guardia dal riaprire troppo velocemente dopo avere vaccinato anziani e persone fragili. In questo caso si potrebbe avere un aumento considerevole delle morti.
Con un virus più potente: il nodo varianti
L’altra incognita elencata dallo studio è senz’altro quella delle mutazioni di Covid-19. L’ipotesi è quella di un aumento della trasmissibilità del virus causa varianti fino all’80% in più rispetto a quello originario. Una condizione che influirebbe ovviamente sul tasso di mortalità e che costringerebbe a misure di contenimento da mantenere più a lungo. Lo studio non tiene conto dell’arrivo dell’estate, quando l’aumento delle temperature e il tempo trascorso all’aperto potrebbe influire sulla minore trasmissibilità del virus originario e mutato.
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