Il blitz di Grillo sullo stop al terzo mandato, panico nelle chat grilline. L’ipotesi della fuga: almeno 65 parlamentari rischiano
«L’ho detto a Conte: il limite dei due mandati deve rimanere». Non appena Beppe Grillo ha pronunciato questa frase, venerdì 26 marzo, sulle chat dei parlamentari si è sollevato un polverone. Chi siede nel parlamento dal 2013 – di fatto tutti i big del Movimento 5 stelle -, non potrà essere ricandidato alle legislative del 2023. I nomi che fanno più rumore sono quelli del precedente capo politico Luigi Di Maio e del suo successore, Vito Crimi, del presidente della Camera Roberto Fico, della vicepresidente del Senato Paola Taverna, del ministro Federico D’Incà. In totale, però, sono ben 65 i parlamentari che dovrebbero reinventarsi un futuro politico lontano da Montecitorio e da Palazzo Madama.
I parlamentari in protesta – per il momento non pubblica – lamentano il fatto che il Movimento si è snaturato, «è cambiato tutto», dicono, senza comprendere come mai l’unica cosa sulla quale non si interviene è proprio quella relativa al “no” al terzo mandato. C’è chi una spiegazione se la dà intravedendo un tentativo di Grillo e di Conte di sbarazzarsi della classe dirigente del Movimento, ingombrante negli equilibri interni al partito. «Moriamo noi? Allora muoiano tutti. Conte dovrà confrontarsi con noi per due anni e sarà guerriglia», dice sottotraccia un esponente storico, mentre i più giovani accusano: «Hanno paura di lasciare il posto a noi».
Se da un lato c’è chi affila le armi per dare battaglia sul limite del secondo mandato, dall’altro c’è chi invece esulta per il richiamo di Grillo a uno dei principi fondativi: sono alcuni parlamentari al primo mandato che non hanno trovato spazio in questa legislatura, probabilmente il purista uscito – momentaneamente – dal Movimento, Alessandro Di Battista e l’associazione Rousseau. Enrica Sabatini, socia storica dell’associazione che fa capo a Davide Casaleggio, scrive: «Mi auguro che con questa (ennesima) conferma, tutti coloro che desidera(va)no non onorare l’impegno preso e svolgere il terzo mandato smettano finalmente il bombardamento mediatico a Rousseau».
«Distruggere Rousseau – continua Sabatini – per impedire le candidature dal basso a favore di nomine dall’alto, non serve più. Il terzo mandato non è una opzione. L’obiettivo di Gianroberto era quello di dare una nuova centralità al cittadino e di impedire, attraverso il limite dei due mandati, che ci fossero carrierismo politico e creazione di gruppi di potere volenterosi di togliere voce alla base». Intanto, in questa tumultuosa fase di transizione, il Movimento assiste alla nascita di nuove correnti al suo interno: è il caso di Italia più 2050, animata dai sottosegretari Dalila Nesci e Carlo Sibilia, e Innovare, della quale fanno parte proprio i parlamentari al primo mandato.
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