L’America di Joe Biden si riprende l’Europa e la schiera contro la Cina e la Russia
Dopo il vertice in Alaska con i funzionari cinesi, per niente costruttivo, il segretario di Stato Anthony Blinken è volato a Bruxelles per una settimana di incontri con i funzionari della Nato, dell’Unione europea e di alcuni Stati membri. Per Blinken la settimana si è rivelata più intensa e proficua del previsto, e ha preparato il terreno all’intervento del presidente Joe Biden al Consiglio europeo. Anche se i 27 leader europei sono rimasti delusi di non ricevere sostegno sul fronte dei vaccini, Blinken e Biden si sono assicurati la cooperazione dell’Ue in nome della salvaguardia e della protezione dei valori democratici dalle minacce interne ed esterne.
Qualche mese fa le premesse erano diverse. Dopo la sconfitta di Trump, l’Ue aveva accolto con piacere la vittoria di Biden, affermando però che i tempi erano cambiati, che l’Europa doveva avere la sua autonomia e perseguire i suoi interessi. Un principio messo in pratica con l’accordo preliminare Ue-Cina per gli investimenti (CAI), un compromesso raggiunto a fine dicembre senza consultare l’alleato, durante quella che in USA è la fase di interregno tra un presidente e l’altro, con Trump in uscita e Biden in attesa di subentrare.
La cosa non piacque alla nuova amministrazione, la decisione europea venne vista come uno scatto in avanti per approfittare del vuoto di potere alla Casa Bianca agire senza consultare l’alleato. Il rapporto con la Cina è il dossier geopolitico più delicato, quello che negli ultimi anni ha suscitato più divisioni tra le due sponde dell’Atlantico. Emmanuel Macron e Angela Merkel avevano anche lasciato cadere l’offerta di Biden di formare un’alleanza di democrazie in funzione anti-cinese. Per gli USA la Cina è una potenza antagonista, per i Paesi europei un partner commerciale. Le cose però stanno cambiando.
Sanzioni europee e reazioni cinesi
All’inizio della settimana l’Ue ha imposto sanzioni a quattro funzionari cinesi e una impresa di costruzioni coinvolti nelle repressioni della minoranza uigura nello Xinjiang. Sanzioni poi condivise con USA, Regno Unito e Canada. Il governo cinese ha reagito furiosamente, troppo. Come rappresaglia alle sanzioni dell’Ue (relativamente modeste), Pechino si è scagliata sanzionando a sua volta un numero molto maggiore di diplomatici, parlamentari e accademici europei. Il governo cinese ha lavorato in favore degli USA più di qualsiasi dichiarazione di Biden o Blinken.
I membri del Parlamento europeo hanno risposto giurando di non ratificare il CAI mentre i governi di Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Italia e Danimarca hanno convocato i loro ambasciatori cinesi. Anche i parlamenti nazionali si sono indignati. In Italia, il vicepresidente della commissione per gli affari esteri, Paolo Formentini (Lega), ha presentato una mozione per classificare la situazione nello Xinjiang come un genocidio. La Cina, a differenza della Russia, è estremamente sensibile alle offese, e questo può rivelarsi come una debolezza che compatta gli europei.
La doppiezza dell’Europa
Tuttavia, ci sono ancora molti ostacoli per una vera alleanza Ue-USA in funzione anti-cinese. I leader europei respingono l’idea della nuova guerra fredda con uno dei partner commerciali più importanti per l’Unione. Dopo il Consiglio europeo, Merkel ha detto che «la questione con la Cina è come tenere insieme valori e interessi». Per la Cancelliera deve esserci «una politica europea sulla Cina», e poi ha concluso «con gli Usa ci sono molte cose in comune, ma non c’è un’identità di vedute». Macron ha insistito sul fatto che vuole evitare una situazione «tutti contro la Cina».
Oltre alla Cina poi, c’è la Russia. Blinken ha detto che il raddoppio del gasdotto che collega direttamente Russia e Germania è contrario agli scopi di sicurezza dell’Ue, ricordando che le aziende che partecipano al progetto possono essere sanzionate. Il messaggio è per Mosca, ma il vero destinatario è Berlino, che in questi anni ha difeso il progetto Nord Stream 2 da tutte le opposizioni (USA, Ue, Polonia, Paesi baltici). Biden non sembra più disposto ad accettare tentennamenti, ma il gasdotto è quasi ultimato.
L’Ue resta sospesa nella sua doppiezza: un giorno vuole essere una piccola America, assertiva nell’affermare i suoi valori nel rapporto con il resto del mondo, e l’altro vuole essere neutrale come una grande Svizzera, che fa affari con tutti senza fare troppe domande. Ma nonostante gli sforzi di non dichiarare da che parte stare, l’Ue si sta spostando inesorabilmente verso una posizione più netta e intransigente sia nei confronti di Mosca che di Pechino.
L’abbraccio tra Cina e Russia
L’inevitabile reazione alle sanzioni occidentali è che Cina e Russia tendono ad avvicinarsi, con l’ambizione di affrontare la sfida. Mentre Blinken era in Europa, il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, era con l’omologo cinese Wang Yi. Lavrov ha preso le difese di Pechino definendo “imprudenti” le sanzioni occidentali, sottolineando che la chiave per normalizzare i rapporti deve essere la collaborazione. Parlando alla tv cinese, Lavrov ha detto che Pechino e Mosca intendono rafforzare la loro cooperazione e incoraggiare accordi in valute locali e altre valute internazionali per sostituire il dollaro USA.
La de-dollarizzazione è da tempo nell’agenda di Russia e Cina, ed è soprattutto la Cina a essere determinata. La sfida appare impossibile, il dollaro rappresenta ancora il 65% delle riserve valutarie mondiali mentre lo yuan il 2%. Ciò nonostante, la banca centrale cinese punta ad estendere la portata dello yuan con la sua valuta digitale. Se le tensioni con l’Occidente continueranno ad aumentare, nella zona di influenza dominata dalla Cina e dalla Russia la dipendenza dal dollaro diminuirà.
Oltre alle nuove tensioni, si è aperto anche un nuovo spazio di cooperazione e coesistenza pacifica tra potenze e alleanze. Nonostante le asprezze dei giorni scorsi, Biden ha invitato il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jinping al vertice sul clima del 23 e 24 aprile. Gli Stati Uniti vogliono coinvolgere Russia e Cina nella lotta al cambiamento climatico.
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